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«Il mio trisavolo De Sanctis? Darwiniano»

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.E ancora: «Se Darwin fosse stato solo un naturalista, la sua influenza sarebbe rimasta in quella cerchia speciale di studi. Ma Darwin non fu solo lo storico, fu il filosofo della natura...». Lo scrive Francesco De Sanctis in un libretto dal titolo «Il darwinismo nell'arte», stampato a Napoli nel 1883. Un documento che il pronipote del maggiore critico della letteratura italiana - Francesco De Sanctis junior - ha ritrovato nella dimora dell'avo e che ora tiene (con manoscritti, lettere, opuscoli dimenticati ma preziosi) in un caveau, in banca. De Sanctis jr. è un giovane architetto che s'è accollato un onere derivato da un onore: l'onore è aver ricevuto in eredità tutto il corpus delle carte dell'autore della «Storia della Letteratura Italiana», l'onere (ma anche questo onore) di rilanciare il messaggio desanctisiano, che non è solo letterario, ma civile, ed etico. «Ho cercato nelle case del mio trisavolo ogni carta. Ne ho ritrovate tante, in bauli che non si aprivano da un secolo». Uno studio matto e appassionatissimo, parafrasando Leopardi, che conobbe De Sanctis giovane. Dalla ricerca è scaturita l'idea della Fondazione De Sanctis, che Francesco jr. presiede, e che nella scorsa primavera ha realizzato un ciclo di letture dei classici della letteratura nelle sedi istituzionali italiane. Incontri cominciati al Quirinale, alla presenza del Capo dello Stato, e passati poi per Camera, Senato, Campidoglio.... A dar voce ai poeti, famosi attori, (Gerini, Morante, Bentivoglio). «Un successo travolgente, del quale ringrazio il sottosegretario Gianni Letta, che ha creduto e dato le ali all'iniziativa - dice il fortunato pronipote - Su impulso del ministro Gelmini, continueremo in autunno invitando gli studenti nei teatri di tutta Italia, a cominciare da Milano». La polvere rimossa dalla «valigia» di De Sanctis ha disseppellito straordinarie pagine. Come appunto quelle su Darwin. O il manoscritto di «La giovinezza». «È l'autobiografia che nel 1883, l'anno della morte, De Sanctis, quasi cieco, dettò alla nipotina prediletta, Agnese, cugina di mio nonno», spiega l'architetto. La pagina che l'ha emozionata di più? «Quella dell'incontro del De Sanctis sedicenne col conte Giacomo Leopardi. In casa di Basilio Puoti, il 2 ottobre 1833. "Quando venne il dì, grande era l'aspettazione", rammenta il mio trisavolo. E poi narra che il poeta dell'Infinito gli chiese pareri letterari, e lui parlò una buona mezz'ora. "Quando ebbi finito - scrive ancora - il conte mi volle a sé vicino, e si rallegrò meco, e disse ch'io avevo molta disposizione alla critica". Il poeta aveva visto giusto».

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