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«Il mio sogno è una Georgia più simile ai Paesi europei»

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Èil nemico pubblico numero uno della Russia eppure è un uomo pieno dei valori e delle tradizioni occidentali ma con una libertà ben rara per un capo di Stato in carica. Mikheil Saakasvili, il leader della rivoluzione delle rose, ospite in Campidoglio, ha parlato della sua Georgia, «Paese che gli italiani non conoscono abbastanza bene» presentando «Io vi parlo di libertà» (Spirali pag. 176) libro-intervista realizzato con Raphael Glucksmann, figlio del celebre scrittore André. Per nulla turbato dalle manifestazioni di protesta in corso a Tbilisi con cui la gente, nell'anniversario dell'indipendenza della piccola repubblica caucasica, chiede le sue dimissioni al grido di «Misha vattene», Saakasvili ha sottolineato che le manifestazioni sono i segnali di «cui andrebbe fiera ogni democrazia» ricordando come nacque il «progetto Georgia». «Abbiamo portato avanti e continuiamo a condurre una trasformazione rivoluzionaria delle istituzioni e della mentalità politica. Ma da tempo non siamo più nella rivoluzione, in quella parte idilliaca del mio destino politico. Quindi non mi sento più un leader rivoluzionario». Nel libro il politico georgiano, diventato presidente a soli 37 anni, rispondendo allo scrittore francese racconta della propria vita, dei progetti e dei sogni, dell'attuale crisi internazionale. E, senza tergiversare, fa rivelazioni sulla guerra d'agosto, dà chiarimenti sui legami con Israele, con Bush, con Soros, con la Cia, sui primi attriti con il Kgb, sulla rivoluzione delle rose e i tempi trascorsi a Parigi e negli Usa. Saakasvili, che nel gennaio 2008, candidato del Movimento nazionale unito, si è presentato alle elezioni presidenziali ed è stato riconfermato per altri cinque anni, chiarisce il perché dell'attacco all'Ossezia del Sud: «Non fu un attacco sconsiderato che avrebbe provocato una reazione sproporzionata dei russi, ma di una pura e semplice invasione di un Paese sovrano da parte dell'esercito di Mosca a cui ha fatto seguito un contrattacco georgiano. Ad agosto siamo stati invasi da duemila carrarmati russi, dalle stesse truppe che invasero l'Afghanistan nel '79 e la Cecoslovacchia nel '68». E a proposito di Putin Saakasvili confessa che non è «un nemico personale, ma un presidente freddo e razionale, il cui fossato culturale che ci separa si ritrova a tutti i livelli delle nostre rispettive amministrazioni». Nell'ultimo capitolo del libro dedicato «a un mondo nuovo», Glucksmann chiede al rivoluzionario georgiano dei rapporti con gli Usa: «Ottimi, è uno dei Pesi investitori in Georgia, insieme ad Abu Dhabi e Israele». In conclusione il sogno di libertà di Saakasvili: una Georgia con la sua identità, stabile, come i Paesi d'Europa, non più soggetta a continui cambiamenti e incessantemente minacciata di distruzione. «Scampare all'invasione russa significa somigliare ai paesi europei. Questo è il "male" che auguro al mio Paese».

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