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Rourke, mai così bravo ad apparire sconfitto

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«Wrestler» si traduce "lottatore", ma di un tipo speciale di lotta libera che, anche da noi, ha finito per essere chiamata "wrestling". Vent'anni prima che l'azione cominci ne era un campione dei più festeggiati tale Randy Robinson, detto "The Ram" (l'ariete). Con l'età, però, gli acciacchi e la faccia sconciata dai pugni lo ritroviamo adesso solo intento a sbarcare il lunario in incontri modesti di periferia, quasi sempre truccati. Dopo uno particolarmente violento ha un infarto, così cambia mestiere, ma vi torna quando un suo avversario, che aveva sconfitto, gli chiede a gran voce la rivincita. La regia di Darren Aronofsky, con indubbia abilità, ci fa solo intuire il risultato riscattando i dissensi che gli avevamo tributato di recente per quel suo film "L'albero della vita-The Fountain", che si teneva male in equilibrio tra la fantasia e il fumetto. Qui, oltre tutto, rivelando anche un altro merito, quello di aver interpretato con finezza il testo scritto per lui da Rob Siegel in cui al personaggio di Ram, il classico perdente, non solo si accompagna quello di una spogliarellista anche lei sul viale del tramonto, pronta però generosamente a sostenerlo anche un po' per amore, ma quello di una figlia incompresa e cercata solo all'ultimo momento facendosi respingere. Tre personaggi, e al centro, sempre presente, quello di Ram staccato di rado da quella cornice di combattimenti miserabili, anche se spesso furiosi, in cui si muove soffrendo e patendo anche quando lo attraversa irresistibile l'istinto di riprendersi vincendo di nuovo contro ogni possibilità reale. In cifre intelligenti di desolato furore in cui Mickey Rourke, seguendo puntualmente gli impulsi saldi del regista, si muove come se rivivesse non solo il suo passato di grande attore, ma quello, sconfortante, di pugile messo troppe volte al tappeto con una metamorfosi totale del suo fisico, a cominciare dalla faccia difficile ormai da collegarsi a quella di "Nove settimane e mezzo", tutta erotismi, e a quella di "Francesco", della nostra Liliana Cavani, tutta spiritualità. Al suo fianco, come spogliarellista, Marisa Tomei, anch'essa abbastanza segnata dagli anni ma ancora con il suo fascino, e, come figlia, Evan Rachel Wood, che si ricorderà soprattutto in "Thirteen-Tredici anni", di Catherine Hardwicke.

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