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Lorenzo Tozzi O ggi e domani la ...

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«Un evento unico - dice il direttore artistico Claudio Rocco - con la presentazione in esclusiva di coreografie inedite che non possono che valorizzare il territorio». In scena tra gli altri Alessio Carbone e Dorothée Gilbert, compagni di vita e d'arte all'Opéra parigina. In programma il passo a due del Don Chisciotte di Petipa, un estratto di Arepo di Béjart, l'assolo femminile di Alles Walz di Renato Zanella sul ritmo irresistibile del valzer viennese ed infine un estratto in anteprima della Carmen di Carbone concepito per l'incontro ad Avignone (Palazzo dei Papi) i primi di settembre tra i ministri degli esteri dell' Unione europea. Figlio d'arte è il trentenne Alessio Carbone - madre danzatrice, padre coreografo di valore - che è volato in alto sulle tavole dell'Opéra di Parigi (recentemente applaudito anche a Roma, sia nel cartellone dell'Opera che nel recente Gala di Bolle and friends al Colosseo). È un vantaggio o uno svantaggio essere figlio d'arte? «Sono cresciuto in mezzo ai ballerini quindi ho avuto un' educazione naturale in mezzo alla danza. I vantaggi sono i consigli dei genitori. Siamo sempre insieme: la nostra non è solo una famiglia ma un' equipe, una squadra. L'unico svantaggio è che quando ero piccolo alla scuola della Scala mi accusavano di essere raccomandato. Ora ho superato il complesso... quello che conta è ciò che si trasmette in scena. In famiglia e anche con Dorothée parliamo la stessa lingua». Prediligi il classico o il moderno e perché? Alessio: «Fin da piccoli studiamo la classica: a Parigi è la base della danza moderna. Ma in questa disciplina ci sono molte regole che imprigionano il corpo». Dorothée: «Per il momento non ho preferenze. La scuola che conosco è classica ma voglio scoprire sempre nuove cose». Ti senti un giovane privilegiato? «Certamente. Non dobbiamo dimenticarlo: salire in palcoscenici importanti e incontrare persone interessanti fa sì che non ci sembri di lavorare nonostante i sacrifici quotidiani». Come conciliare la vita con la danza? Alessio: «Spesso i ballerini vivono ogni momento insieme ed escono meno. Vivere con chi è estraneo alla danza è più problematico. La danza diventa la nostra vita» Dorothée: «Non è facile perché si passano giorni interi a teatro. Ci è difficile aprire gli occhi sulla realtà esterna». Quali sogni nel cassetto? Alessio: «Ruoli come quello del Bolero di Béjart. Come veneziano lo vorrei ballare a piazza San Marco. Ma bisogna vivere senza perdere il senso della realtà» Dorothée: «Sono contenta di essere arrivata dove sono arrivata. È solo l'inizio di qualcosa di nuovo per poter danzare tutti i grandi ruoli del repertorio classico» Se non avesse fatto il danzatore? «Giocavo a calcio a Venezia poi tutto è cambiato». La danza allontana o avvicina alla realtà ? Alessio: «Ci allontana perché ci fa vivere come in una bolla, in un mondo protetto. La danza eleva lo spirito, ma allo stesso tempo siamo sensibili perché artisti» Dorothée: «La danza è come la realtà, ma è qualcosa di spirituale. Per gli spettatori l'importante è vedere qualcosa di più bello del mondo quotidiano». Cosa volete trasmettere con la danza al pubblico? «In scena siamo messi a nudo e non possiamo mentire. La generosità è più importante della fredda perfezione»

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