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È il 27 settembre 1938. Roberto Anderson, un fuoriuscito ...

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Si calcola che nei giorni di maggior "lavoro" il numero sia stato, nella sola Mosca, di 500 fucilazioni al giorno. Il processo contro Roberto Anderson si è tenuto questa stessa mattina, ed è durato 15 minuti, dalle 11 alle 11.15. In genere i processi non durano molto di più, i giudici - tre militari - si limitano a chiedere all'imputato se egli si riconosca colpevole dei delitti che gli vengono attribuiti, e in seguito emettono la condanna sulla base del testo dell'istruttoria. Non è previsto un difensore, e nemmeno un ricorso. Ma di che cosa è ritenuto colpevole Anderson? Di organizzazione antisovietica, di danno all'industria, di intenzione terroristica, di attività di spionaggio, le accuse più comuni negli anni delle grandi purghe, volute da Stalin, e portate avanti da Yezhov, il capo della polizia politica. Gli anni del '37-'38, che hanno visto 1.500.000 di condannati a morte (e fra questi i vecchi collaboratori di Lenin, quali Kamenev, Zinoviev, Rykov, Bucharin) e circa 6 milioni di deportati nei gulag. Fra le vittime molti comunisti stranieri, e almeno un centinaio di italiani che hanno raggiunto la Russia sovietica per sfuggire al fascismo e attratti dal mito di uno Stato proletario, di certo non immaginando di trovarvi la morte, talvolta per opera di zelanti delatori, fra questi Paolo Robotti, il cognato di Togliatti (senza che Togliatti, egli pure esule a Mosca e alto dirigente del Comintern, muova un dito per salvarli). Il caso di Roberto Anderson è nel suo genere esemplare. Viene da una famiglia di origine inglese, che raggiunta Roma alla metà dell'800 ha messo in piedi uno dei più accreditati studi di fotografia, la Casa Fotografica Anderson, con sede in un grazioso villino di via Salaria. Dal nonno al padre ai nipoti. Ma uno di questi nipoti, Roberto, preferisce gli studi di ingegneria meccanica, raggiunge Torino, dove si laurea, oltre ad entrare in contatto con i cosiddetti "professorini" (Gramsci, Bordiga, Tasca, Terracini), stretti attorno alla rivista Ordine Nuovo, che fra poco, a Livorno nel 1921, fonderanno il partito comunista d'Italia. Anche Roberto Anderson è soggiogato dall'idea, si converte alla dottrina comunista, e allorché il fascismo va al potere emigra in Unione Sovietica, con la sua compagna, Lia, una ebrea nata in Bessarabia, che gli darà due figli, Pavel e Paola. È un ingegnere di valore, diventa uno degli alti dirigenti di una fabbrica di cuscinetti a sfere (15.000 addetti) creata con l'aiuto della Riv italiana, e intitolata al nome di Kaganovic, uno dei più stretti collaboratori di Stalin. Un entusiasta Roberto Anderson, un idealista. Solo che le cose in Russia non vanno per niente bene, c'è malcontento nel partito per i metodi dittatoriali di Stalin, la produzione, industriale o agricola che sia, retta dal più burocratico dei sistemi, non decolla, la gente vive in miseria, addirittura ha fame. Per non perdere il proprio potere, Stalin reagisce scatenando il terrore. Si apre il tempo dei processi, delle deportazioni di massa, delle esecuzioni sommarie. Una di queste purghe colpisce gli ingegneri cosiddetti "borghesi", che avrebbero sabotato l'industria. Anderson è anch'egli vittima di un sistema e di un'epoca. Arrestato il 20 agosto del 1937 viene tradotto alla Lubianka, e sottoposto al trattamento di rito. Bastonature, torture di ogni genere, braccia spezzate, aghi infilati sotto le unghie, chiuso in una cella sovraffollata senza aria né acqua, dove tre detenuti si assiepano su un metro quadrato di pavimento. Tiene per alcuni mesi, ma alla fine crolla, si dichiara colpevole di ogni accusa, anche le più assurde, giudicando che la morte sia preferibile. E così avviene. La sua compagna e i figli perdono la casa, vengono gettati per strada. E non è finita, perché anche Lia, e gran parte dei suoi parenti più stretti finiscono in un gulag, per anni più o meno lunghi di detenzione, si salvano soltanto i due figli, affidati, con un nome falso, ad una famiglia di amici. Stalin muore nel 1953, sale al potere Kruscev, e finalmente nel 1955 Roberto Anderson viene riabilitato, senza che sia tuttavia possibile estrarne il corpo da una fossa comune dove i cadaveri si assiepano a centinaia. Una pronipote, Clotilde Leonetti Luparini, ha ora svolto una accurata inchiesta, ricostruendo la tragica vicenda di Roberto Anderson in un agile libretto di 160 pagine. Per ricordare un uomo che credeva in un sistema, e mai avrebbe pensato che potesse rivelare un volto così mostruoso.

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