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Carnera, il gigante dai piedi d'argilla che conquistò gli Usa

Primo Carnera

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A Carnera bisogna comunque riconoscere il merito storico di una conquista, quella del titolo mondiale dei pesi massimi, in un'epoca in cui l'America era molto più lontana di oggi, c'erano solo otto categorie di peso e solo otto campioni del mondo. Sicuramente la sua carriera è stata aiutata da una serie di circostanze favorevoli, non ultima la crisi che si è determinata nella categoria dei pesi massimi negli anni che sono trascorsi tra la doppia sfida tra Jack Dempsey e Gene Tunney (1926-27) e l'avvento di Joe Louis (1937). In quel periodo, prima e dopo Carnera, sono diventati campioni del mondo Max Schmeling, Jack Sharkey, Max Baer ed anche James Braddock, diventato famoso come "Cinderella Man" ma che in realtà è passato alla storia per essersi trasformato da comprimario a campione attraverso una vicenda umana molto più appassionante della sua carriera. Nessuno di questi pugili regge il confronto con la maggior parte dei campioni che li hanno preceduti o che sono venuti dopo: in questi ultimi anni non c'è stata abbondanza di talenti tra i colossi del ring. Qualcuno ha voluto collegare questa crisi di valori pugilistici con la depressione che ha colpito alla fine degli anni '20 gli Stati Uniti ma probabilmente questa teoria è più affascinante che vera. Quando Carnera è diventato campione del mondo io non ero ancora nato, ma ero appena bambino quando il suo nome mi è diventato famigliare perché veniva citato come esempio di gigante buono ma anche come di uomo più forte del mondo. È stato inevitabile che Carnera venisse strumentalizzato dal regime. Quando è tornato in Italia da campione del mondo l'hanno fatto sbarcare a Napoli in camicia nera. Gli hanno anche organizzato un incontro per il titolo contro il basco Paulino Uczudun a Piazza di Siena prima di lasciarlo tornare in America dove difese un'ultima volta il titolo battendo Tommy Loughran, che non era un fenomeno ma era stato campione dei medio-massimi. La sconfitta con Max Baer lo ha in un certo modo riscattato sul piano del coraggio e della dignità. In quel match Carnera è finito per undici volte al tappeto, il che vuol dire che ha avuto almeno la forza di rialzarsi e di proseguire una disperata battaglia per dieci volte. Una grande prova di dignità e di amor patrio Carnera l'ha data quando ha scelto di venire a morire in Italia ma al suo prestigio hanno contribuito i suoi famigliari, in particolare la figlia che è diventata testimone credibile di certi aspetti del suo carattere e della sua personalità che durante la sua carriera e la sua vita non era stato possibile cogliere. Al film, che io non ho visto (ho solo concesso la mia voce ad alcune fasi degli incontri), bisogna concedere le licenze che un prodotto artistico e commerciale richiede. Sicuramente Carnera è stato un fenomeno, non solo sportivo, di un'epoca irriproducibile. In questo senso il film rappresenta il doveroso e tardivo omaggio ad una figura la cui portata storica è stata certamente superiore a quella strettamente sportiva e pugilistica.

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