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Una bella commedia tragicomica con un cast da grandi applausi

Sabrina Ferilli e Micaela Ramazzotti

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Seguo con simpatia Paolo Virzì dal suo esordio nel '94 con "La bella vita", sul mondo del lavoro, protagonista Sabrina Ferilli in una delle sue parti più impegnative. Oggi, dopo essersi tenuto sempre in abile equilibrio fra la commedia, la cronaca e il dramma, con una puntata, di recente, anche nella Storia ("N-Io e Napoleone"), lo vedo, ammirandolo anche di più, tornare ai problemi del lavoro, un occhio attento e preciso all'attualità più immediata, quella che, per un verso, riguarda il precariato (di cui tanto si parla) e per un altro affronta, non di sfuggita, le difficoltà amare di quanti, usciti a pieni voti dalle università, stentano a inserirsi in quella società che non sembra affatto attenderli a braccia aperte. Lo spunto, oltre guardandosi attorno, l'ha trovato in un libretto di una ex operatrice di call-center, Michela Murgia, intitolato polemicamente (e giustamente) "Il mondo deve sapere". Così eccoci di fronte alla sua nuova protagonista, Marta, che si è appena laureata con la lode e l'abbraccio accademico in filosofia teoretica. Pensa di avere "tutta la vita davanti", come dice il titolo, invece davanti ha solo delle porte chiuse, al massimo con qualche promessa ipocrita per delle possibilità molto eventuali. Così, lontana da casa (viene dalla Sicilia), senza mezzi si sussistenza, finisce telefonista in un call-center che vende, anche con inganni e frodi, elettrodomestici. All'inizio tra coetanee obbligatoriamente sempre allegre si trova quasi bene, ma non tarda a scoprire, con desolato stupore, il rovescio della medaglia, invano soccorsa da un sindacalista, inutilmente presa a ben volere, per meschini interessi, dal boss dell'impresa, presto, per quello stesso motivo, fatta segno alla gelida avversione della capo telefonista. Con un finale triste (e commovente), seguito da un sospetto di serenità, solo in parte però risolutivo. Un personaggio centrale, il coro attorno, un ambiente. Virzì ha lavorato di fino per costruirli con sapienza e rigore. Umanissimo, ma spesso, anche vibrante, nel disegno del personaggio, agilissimo (e a volte quasi frenetico) nella ricostruzione tutta ritmi angoscianti di quel mondo festoso in apparenza, in realtà sempre turbato, che lo accoglie in quasi spietate cornici avveniristiche. Con un piglio, con un tocco di saldissimo rilievo, anche stilistico. Un'opera maggiore, la più matura a tutt'oggi di Virzì. Cui si aggiunge una interpretazione, in tutti, di grandissima classe: Marta è Isabella Ragonese già vista in "Nuovomondo", come dirigente torna con Virzì una Sabrina Ferilli tutta fiamme nere. Ci sono anche Valerio Mastrandrea, il sindacalista, Massimo Ghini, il boss, Elio Germano un collega sempre in smanie. Un quintetto da applausi.

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