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Antonio Angeli [email protected] Robot: parola di origine ...

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Da allora il termine è diventato di utilizzo comune, usato e strausato dagli scrittori. In questi ultimi anni, però, è cambiato qualcosa: i robot sono usciti dalle pagine dei libri di fantascienza e sono diventati realtà. Oggi la robotica è la scienza del futuro. C'è Justin, il primo uomo meccanico capace di preparare il caffè. Cattivuccio, per il momento, se la cava solo con il caffè solubile, ma sta migliorando. Justin è il primo passo del progetto europeo «Dexmart», nel quale l'Italia ha un ruolo importante, finalizzato alla costruzione di robot capaci di fare movimenti precisi usando due mani. L'obiettivo di questo progetto, che vede coinvolte varie università, è creare un uomo artificiale che sappia mettere un filo nella cruna di un ago. Sembra facile... Ma la vera sfida del futuro è quella di realizzare automi con una loro capacità di scegliere ed agire. Ci vorrà ancora un po', ma, quando sarà possibile, l'utilizzo dei robot non avrà più alcun confine. Potranno essere usati negli ospedali, nelle fabbriche, nelle nostre case. Il settore più importante nella ricerca robotica è la medicina. Tra non molti anni sarà possibile utilizzare dei «badanti meccanici», per assistere, 24 ore su 24, anziani e malati. L'università di Tokyo, che ha un dipartimento di Meccano-informatica diretto dal professor Yoshihiko Nakamura, stima che i robot-badanti saranno una realtà tra circa dieci anni. Nakamura era nei giorni scorsi a Roma, al grande convegno sulla robotica organizzato dall'Accademia dei Lincei. «È uno più grandi progetti di ricerca finanziati in Giappone, dove l'invecchiamento della popolazione è un problema serio come in Italia - ha detto lo studioso giapponese - fra dieci anni, quando il progetto sarà concluso, non ne sapremo ancora abbastanza per avere questi robot in commercio, ma la tecnologia sarà matura. Penso - ha aggiunto - che sarà possibile applicare questa tecnologia nei modi più diversi, anche mettendo a punto robot umanoidi». Un altro obiettivo della ricerca sono i micro-robot chirurghi, delle dimensioni di pochi millimetri, che potranno operare all'interno del corpo umano, per interventi non invasivi, senza tagli. Sul progetto «Aracne» sono al lavoro due italiani: Paolo Dario, della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e il chirurgo Alfred Coschieri, lo scopo è di costruire dei microscopici robot in grado di «navigare» nel sangue, raggiungere i tessuti danneggiati e riparali. Ma c'è di più. Un domani i «nanorobots» potrebbero entrare direttamente nel nostro cervello per «potenziarlo». O almeno è quanto sostiene Ray Kurzweil, ingegnere, intervenuto nei giorni scorsi al convegno dell'«American Association for the Advancement of Science» a Boston. «I nanorobots - ha detto Kurzweil - interagendo direttamente con i nostri neuroni biologici ci faranno diventare più brillanti». Dopo la medicina il settore che maggiormente attende l'arrivo dei robot è quello bellico. Al momento sono già in funzione robot in grado di disinnescare bombe ed effettuare ricognizioni in situazioni pericolose per l'uomo e per il futuro... In attesa, e speriamo che sia la più lunga possibile, di eserciti di invincibili robot-guerrieri consoliamoci con un bravo, buono ed efficiente robottino made in Italy. Si chiama «Eagle», è stato realizzato dalla filiale americana della veneta Ipc, azienda di macchine per la pulizia industriale. Il robottino si arrampica su e giù per i grattacieli e pulisce i vetri, senza impalcature né rischi per nessuno. E questa, già oggi, è una realtà.

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