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La Berté ammanettata in scena Sanremo come un reality trash

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L'evento si materializza poco dopo le nove di sera, quando sul palco compaiono Anastasia e Genoveffa, le sorelle di Cenerentola. Due drag-queen da far venire i vermi ai neonati, con i vestiti cuciti da aiutanti sorci presumibilmente trans. Per dissipare ogni dubbio, si sono portate appresso la sveglia. Sotto gli stracci le si riconosce: l'incensurata Spagna e la rea Loredana. Sfoggia le manette ai polsi, Bertè: è una protesta per la scarcerazione di Riina Jr:? Vai a sapere. Però il pezzo viaggia alla grande, o forse è che da vent'anni è rimasto nella scatola nera della memoria collettiva, e tutti lo amano già da pazzi. La lady dalla psiche incartata prova a rappare leggendo da un foglio di quaderno, e meno male che non s'è confusa con la lista dell'ipermercato. La performance extra legem si chiude con il suo invito a «non andare a votare, tanto non serve a niente», e le grida: «Sono cresciuta, sono cresciuta! Vi serve un'altra corista?». Ancora: «Volevo un premio e un festival normale». Ammettiamolo: è un personaggio, a Sanremo serviva lo scossone proprio nel giorno del cupio dissolvi, ed è arrivato. Ma nessuno ci propini più lezioni sulla tv pulita e onesta: anche il Festival va ammucchiato nella grande discarica dell'amoralità mediatica. Augurando buona sorte e salute alla rockeuse Loredana, non l'hanno mica portata all'Ariston per preservarne l'equilibrio psicofisico, ma solo per salvare il carrozzone, gli spot, la convenzione da rinnovare con il comune di Sanremo. Con la Bertè si replica stasera: quando su Canale 5 imperverseranno "I Cesaroni". Il contagio. Già nel mattino, il caso Bertè aveva prodotto grane supplementari. Brivido quando Gianna Nannini si era autodenunciata, sostenendo di aver utilizzato frasi melodiche di sue vecchie cose nel pezzo scritto per Di Tonno-Ponce. Poi si capiva che era una «provocazione per dare solidarietà a Loredana», perché le note sono sette, si somigliano, eccetera eccetera. Più capziose le lobby dei discografici, che diramavano un comunicato chiedendo il «rispetto del regolamento» e minacciando azioni dadaiste dei cantanti rimasti in gara. Mazza, presidente della Fimi, prefigurava che «ognuno degli artisti avrebbe potuto fare una stronzata in diretta per farsi squalificare e chiedere di esibirsi fuori gara, ottenendo così visibilità promozionale senza rischiare nulla». Panico, chiarimenti, precisazioni. Finiva come in Parlamento: tutta fuffa. Cose Fini. Ancora a proposito della tv elegante e del Paese di merda: «Che bisogno aveva Baudo di insultare tutti gli italiani, con tutti i soldi che prende dalla Rai? Se la prenda con se stesso, piuttosto», tuonava il leader di An. Forse anche per quello Pippone era entrato in scena afono: avrà mica urlato allo specchio? Off record, Chiambretti confidava: «Oggi l'ho visto molto giù». Una volta in diretta, lo incensava perché «per cinque sere ci hai evitato Porta a Porta», e «io ti difenderò come uno Scudo Crociato». Ma Pierino parlava per sè (e che dire del fantasma di Daniele Piombi?): il treno di Raiuno, quando si allontana, non lo riacchiappi più. Neanche se sembri un gigante (in altezza) vicino all'enfant prodige Marc Yu, virtuoso del piano ma lievemente inquietante, e diseducativo da mostrare ai suoi coetanei, che sognano il Game Boy e le figurine e non i solfeggi e il frac. I duetti. Ma oltre alla raucedine di Baudo e della Guaccero, a Sanremo si sono beccati tutti l'otite? Neppure con un piccolo aiuto dei loro amici, i big hanno evitato stonature. Imbarazzanti, per dire, i Finley con la pupattola Belinda. Non ottimale (purtroppo) l'impasto di Cammariere con Gal Costa, o di Gazzè con Rei e Turci. Evocativo Moro con Curreri, mentre i Nomadi portano in alto Grignani e Michael Bolton travolge la Tatangelo. Tricarico (con mago Forest per l'effetto vaudeville) pare un personaggio da canzone di Cristicchi, che invece duetta (e gioca a scacchi) con Frankie Hi Nrg, e tutto sommato è il pezzo che apre in due la serata. Sulla lavagna, dalla parte dei buoni, anche Venuti con i vecchi sodali Denovo e L'Aura con la superband Rezophonic. Sul resto, forse anche sul mezzo pacco dei Tiromancino, calerà la maledizione del silenzio radio.

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