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Dante Alighieri, quell'uomo moderno vissuto nel passato

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Madietro le sue "lecturae Dantis" c'è anche un attento e approfondito studio dei commenti: quando spiega, il Robertaccio magari "volgarizza" e fa colore, ma sa quel che dice. Sa, ad esempio, che Dante è un uomo di carattere, bello tosto (Montanelli direbbe "tignoso"), al punto che per lui un peccatore con gli attributi vale di più di un'animuccia mediocre, di quelle che il male non lo fanno, ma neppure il bene. Perché dell'uno e dell'altro hanno paura. Male e bene, infatti, comportano delle scelte, un "libero arbitrio" ben affilato, un sentimento alto dell'onore e dell'onere che sdegna ogni compromesso. Tutte cose da "magnanimi", vale a dire l'opposto di "pusillanimi". Nel suo viaggio per le contrade infernali, Benigni ha rispolverato queste due voci dotte, per dare a Dante quel che è di Dante. E cioè, tra le tante ed eccelse qualità, anche il gusto della provocazione e della sfida. Fino al paradosso. Infatti, i "pusillanimi", altrimenti detti "ignavi" o "vili", e cioè i mediocri, i tiepidi, tutti quelli che "vissero sanza infamia e sanza lodo", scegliendo un'esistenza grigia, meschina, priva di slanci, fossero pure rivolti al peccato, "non si meritano" nemmeno l'inferno. Perché fanno schifo a Satana, esattamente come fanno schifo a Dio. Stanno nell'antinferno, una zona che Dante ha creato apposta per loro, e sono punzecchiati per l'eternità da mosconi e da vespe (un "contrappasso" per chi non ha mai risposto ad alcun stimolo vitale) che rigano il loro volto di sangue. E questo, impastandosi con tardive, inutili lacrime, fa da nutrimento a luridi vermi striscianti per terra. "Vermi" anche i vili: e visto che non hanno mai avuto un ideale, non hanno mai seguito e non si sono mai sacrificati per una bandiera, ora sono costretti ad andar dietro a un vessillo che si muove senza sosta. E i magnanimi? Non si trovano solo nel Limbo, in mezzo a quei grandi spiriti dell'antichità (tra cui Virgilio, la guida sapiente e amorevole del nostro pellegrino), che hanno onorato gli dèi "falsi e bugiardi", non hanno creduto in Cristo venturo e ora vivono in una "attesa di Dio" che non sarà mai soddisfatta; ma anche nell'inferno. Uomini probi, generosi, arditi, dignitosi, austeri, dotati di un forte sentimento dell'onore personale e di un altrettanto forte senso civico, assetati di conoscenza, che Dante non può non condannare, rispettoso com'è del magistero di Cristo e della Chiesa. Insomma, se il libero arbitrio, che pure ha dato i suoi frutti, per certi versi è stato "male usato" e se è stato commesso anche un solo peccato mortale, non lavato dalla confessione, scattano necessariamente la condanna e la sanzione: per l'eternità. Giudice giusto, Dante: davvero, un tipo tutto d'un pezzo, che, se "deve" condannare, non fa sconti a nessuno. Da severo cultore del diritto, romano e cristiano, pronuncia la sua sentenza. Ma nessuno gli può impedire di commuoversi di fronte a una peccatrice come Francesca, così soave nella sua cortesia e che tante amorose suggestioni gli evoca; di ammirare l'eretico Farinata, che tanto amò la sua "parte", ma più ancora la sua "patria", e cioè Firenze; di celebrare nel suicida Pier della Vigna l'uomo che, ingiustamente accusato e perseguitato da Federico II, continua a professare nei confronti del suo signore inalterata devozione; di provare una sorta di rispetto per il titanismo orgoglioso, per l'imperturbabilità statuaria di Capaneo, il re greco che, all'assalto di Tebe, sfidò Giove a difendere la città, ne fu folgorato, ma ancora adesso, bersagliato dalla pioggia di fuoco, non si sottomette; di ricordare con grata tenerezza gli insegnamenti del maestro, Brunetto Latini, incontrato tra i sodomiti; di esaltare in Ulisse, condannato tra i consiglieri fraudolenti nel profondo del baratro infernale, il cercatore che varca il limite, e va incontro all'ira degli dèi, lasciando a quegli uomini che non vogliono esser "bruti" l'eredità di un generoso errore. Degno di un peccatore "alla grande", non di un'anima piccola piccola e tiepida tiepida, come quelle che il Dio dell'Apocalisse vomita dalla bocca.

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