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IL MIO AMICO GIARDINIERE, di Jean Becker, con Daniel ...

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Oggi, con un atteggiamento insolito nel cinema spesso gridato che ci circonda, privilegia - e con successo - la semplicità, scegliendo, tra le pagine di un pittore-scrittore, Henri Cueco, un personaggio che Flaubert avrebbe proprio definito "un cuore semplice". È un ferroviere in pensione, con moglie algerina, dedito adesso con trasporto al giardinaggio nel cuore di una bella campagna francese. Lo chiama, perché gli restauri il giardino, un pittore che scopre in lui un suo antico compagno di scuola trattandolo subito senza vincoli di subordinazione. Diventati presto un rapporto d'amicizia perché il pittore, nel giardiniere, vede presto il suo contrario. Tanto lui ha una vita disordinata e senza punti fermi - la moglie, per le sue tante avventure amorose, vuol lasciarlo, la figlia non riesce mai a farsi ascoltare - tanto l'altro, guidato da un sanissimo buon senso, è in pace con tutto, attorno ha solo quiete e armonia, con un altruismo costante che lo induce ad aprirsi a tutti, uomini e cose, specie se collegabili alla natura e ai tanti giardini cui si dedica. Jean Becker segue questi due personaggi con modi che si rifanno sempre a quelli dimessi e quieti del giardiniere. Senza fronzoli, senza esibizioni di tecniche, senza insistite ricerche di linguaggio. Il titolo originale del film era "Dialogue avec mon jardinier" e così punta soprattutto sui dialoghi fra i due che via via ne disegnano puntualmente le fisionomie, soprattutto quella del giardiniere, con la sua modestia, l'onestà dei suoi concetti, l'equilibrio di tutti i suoi punti di vista. Senza con questo, sminuire il dinamismo cinematografico di un'azione che, pur con toni sempre raccolti, procede svelta e lineare, riuscendo, al momento di concludere con mestizia, a commuovere senza però nessuno strappo. Negli stessi climi sommessi e spesso quasi solo impliciti cui tutto il film sapientemente si affida. Al centro due interpreti che mostrano di intendere esattamente le dimensioni psicologiche da esprimere e l'accento con cui costruirle. Soprattutto Jean-Pierre Darroussin che, per il suo giardiniere riesce addirittura a raggiungere una poetica della semplicità. Affiancato, con l'abituale sicurezza da un Daniel Auteuil in cifre di intimismo sottile.

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