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Led Zeppelin, il ritorno della leggenda

Led Zeppelin

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Così,il 28 febbraio 1970, sul palco di Copenhagen, i Led Zeppelin si presentarono sotto il falso nome di The Nobs: andò come doveva andare, con la fluviale storia del rock a prendere un corso nuovo. La seconda fu direttamente la Morte. Il 24 settembre 1980 l'assistente del gruppo, Rex King, andò a prelevare il batterista John Bonham. Incombevano le prove del nuovo attesissimo tour americano, il primo dopo tre anni. Sulla strada verso lo studio, «Bonzo» chiese a Rex di fermarsi per far colazione. Diede uno svogliato morso al suo panino, e si scolò mezzo litro di vodka. Si credeva indistruttibile: del resto, aveva affrontato la sua dipendenza dall'alcol con la stessa baldanza con cui percuoteva i tamburi in assoli "impossibili", gettava i televisori dalle finestre degli alberghi, profittava voracemente della disponibilità sessuale delle groupies. A metà pomeriggio era talmente ubriaco che le prove furono interrotte: a quel punto, i bicchieri di vodka scolati erano diventati quaranta. Il gigantesco Bonham fu riportato nella sua residenza di Windsor. Lo coricarono di fianco su un letto e così lo ritrovarono al mattino, senza vita. Aveva 32 anni. A quel punto, ai Led Zeppelin non restò che la resa: e trovarono buoni argomenti quanti parlavano di una «maledizione» che incombeva sulle sorti della band. Le prime voci si erano sparse quando il virtuoso chitarrista Jimmy Page aveva manifestato il suo interesse per l'opera di Aleister Crowley, il discusso occultista da alcuni reputato in diretto collegamento con le tenebre infernali, da altri soltanto un abile impostore. Page acquistò all'incanto l'intera collezione di volumi appartenuti a Crowley: nello stesso periodo, il figlio del cantante Robert Plant, Karac, morì a soli cinque anni per un'infezione. Qualche tempo dopo, furono lo stesso Robert e la moglie Maureen a restare gravemente feriti quando la loro auto volò giù da una collina durante una vacanza a Rodi, con l'attività live sospesa a tempo indeterminato. Nel loro diario delle disavventure, anche l'assalto - in nome della musica "gratis" - al Vigorelli di Milano nel '71. Erano ospiti del Cantagiro, scapparono tra i fumogeni e le cariche della polizia. Così, quando nei giorni scorsi si è diffusa la notizia della frattura di un dito della mano di Page, i fans hanno tremato. Sopratutto quei ventimila privilegiati che, a fronte di 25 milioni di richieste in tutto il mondo, si erano assicurati il biglietto (un ragazzo per averne due ha sborsato quasi 120mila euro, andati in beneficenza) per l'attesissimo concerto del «ritorno», originariamente fissato per il 26 novembre all'Arena 02 di Londra, e organizzato per ricordare il primo anniversario della scomparsa di Ahmet Ertegun, il presidente della Atlantic Records. Per l'occasione sono stati ingaggiati anche Pete Townshend, Paolo Nutini, l'ex Rolling Stones Bill Wyman con i suoi Rhythm Kings. Ma, complice l'infortunio di Jimmy Page, lo «show del secolo» è stato rimandato al 10 dicembre prossimo, con buona pace degli aspiranti spettatori, che avevano già prenotato aerei e alberghi dai quattro punti cardinali. Però ormai ci siamo: le prove segrete sono già state effettuate dai tre membri superstiti (con John Paul Jones al basso) più il figlio di Bonham, Jason, seduto al posto del padre dietro la batteria, come in una nuova sfida al tempo e alle avversità. «Volevamo vedere quanto bene avremmo suonato insieme e una volta passato il test, non abbiamo avuto dubbi che volevamo farlo», ha scherzato Page, che ha definito «esilarante» la sensazione di ritrovarsi sul palco. I quattro giurano che sarà una riunione per una sola sera (c'erano state altre sparse occasioni, come il Live Aid dell'85, il concerto per i 40 anni dell'Atlantic nell'88, e la cerimonia per l'inclusione nella Rock'n'Roll Hall of Fame nel '95), ma sarà impensabile fermarsi lì, per un gruppo che ha venduto 300 milioni di dischi, che ha scritto la canzone reputata a furor di popolo la più ammaliante nel catalogo universale del rock ("Stairway to Heaven"), e che aveva posto le basi, dal '68, per la fondazione del sistema proto-heavy metal, contaminandolo però con influenze blues, folk, esoteriche, in un melange tuttora insuperato. Per gli smemorati, e le nuove generazioni, ecco pronte le occasioni discografiche: l'antologia "Mothership" (24 brani già noti, un Bignami delle meraviglie), e la riedizione (in uscita oggi) della colonna sonora rimasterizzata del loro documentario-live del '76 "The Song Remains the Same", con sei pezzi inediti (tra cui la struggente serenata blues "Since I've been loving you"), con dvd allegato nella confezione deluxe. Per gli ultrà, da non perdere neppure "Raising Sand", il cd realizzato da Plant in coppia con la stella del country Alison Krauss, un gioiello minimalista di seduzioni incrociate. Il solito Page (sopravvissuto all'eroina e a una gioventù di sregolatezze) sostiene che lo spettacolo londinese non sarà «improvvisato», e che «sarebbe strano se sfruttando la circostanza i Led Zeppelin non scrivessero nuove canzoni». Traduzione: c'è nell'aria quel tour che ancora l'entourage della band tenta di smentire. È stato già affittato il Giants Stadium di New York per alcune date nel giugno 2008, e in Asia si prepara il merchandasing con il logo del gruppo. Perché il nuovo volo del "dirigibile di piombo" non può essere a corto raggio. Non avrebbe senso sul piano commerciale, nella stagione delle lucrose resurrezioni di Police, Genesis, Eagles e via mitizzando. E sarebbe un oltraggio per quanti ancora sperano che il rock degli anni ruggenti resti buon antidoto per la senilità incombente: come un sogno da riscattare al banco dei pegni, in tempi in cui la grande musica tace.

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