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Il sogno della Turchia in settemila anni d'arte

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Settemila anni di storia" che si aprirà al pubblico giovedì 11 nelle Sale delle Bandiere del Palazzo del Quirinale, a Roma, svelerà scenari storici molto diversi l'uno dall'altro, in cui si sono strettamente intrecciati i destini e i percorsi del nostro paese, della Grecia e della Turchia. L'evento espositivo, curato da Louis Godart e in programma fino al 31 marzo, si apre in occasione della visita di Stato in Italia del Presidente della Repubblica turca Ahmet Necdet Sezer e offre un contributo emblematico per capire meglio gli stretti rapporti, magari spesso conflittuali ma sempre vitali, che hanno unito la civiltà occidentale a quella turca. Sette millenni di cultura sono così esemplificati per grandi linee attraverso 43 opere provenienti da quattro importanti musei turchi: il Museo del Palazzo di Topkapi, il Museo Archeologico e il Museo delle Arti Turche ad Istanbul e il Museo delle Civiltà Anatoliche di Ankara. Si parte da molto lontano, dall'VIII millennio a C. e dalla piana di Konya con l'insediamento urbano di Catal Hoyuk, la più antica e più grande città di età neolitica mai ritrovata. E si arriva alla fine dell'Impero ottomano (1919-1923). Il nome di Catal Hoyuk ci riporta ad un cambiamento epocale, l'avvento dell'agricoltura e del lavoro nei campi. Da cacciatori e raccoglitori gli uomini si trasformano in allevatori e contadini. Nasce il culto della madre-terra e infatti in mostra è esposta un'icastica statuetta di dea-madre nell'atto di partorire, straordinariamente espressiva. Con un gran salto si arriva quindi all'età del bronzo (3000-1200 a.C.): verso il 2300 a.C. la zona settentrionale dell'Anatolia è caratterizzata da un particolare sviluppo grazie ad un'attività protoindustriale basata sullo sfruttamento e sulla lavorazione dei metalli. Vengono prodotti per i sovrani o capi locali strepitosi manufatti in oro, argento, elettro, rame e bronzo, documentati in mostra dalla splendida statuetta di dea in oro e argento di Alacahoyuk e da un'insegna in bronzo proveniente dallo stesso sito. Dopo la parentesi delle colonie fondate dai commercianti assiri è la volta di un nuovo popolo che entra in scena all'inizio del II millennio a.C. e la cui origine è tuttora oscura: gli ittiti, che esercitarono una totale egemonia sull'intero territorio anatolico con il grande impero che arrivò a conquistare la Siria strappandola agli egizi. L'età ittita in mostra è esemplificata tra l'altro da un anello con sigillo, da una brocca e da una testa di toro. Un discorso a parte merita la città di Troia ( 3000 a.C.- II secolo d.C.) che ha le proprie radici nel remoto passato dell'Anatolia e dell'Egeo. In mostra una pregevole anfora a staffa micenea documenta l'epoca della Troia VIIma (1300-1260 a.C.) che dovrebbe coincidere con la città cantata da Omero nell'Iliade. Come è noto e come ha dimostrato Carl Blegen i poemi omerici meritano il massimo credito perché è ormai indubbia la realtà di una guerra intorno alla città di Ilio alla fine del II millennio a.C. Dopo la guerra di Troia le popolazioni indigene della costa egea si mescolano con i coloni greci che hanno fondato alcune grandi città elleniche, da Efeso a Mileto e Alicarnasso. Emerge per la sua ricchezza il regno di Licia del sovrano Creso che però finisce rovinosamente sconfitto dal re di Persia. Arrivano poi le travolgenti conquiste e l'immenso impero costruito con l'irrefrenabile rapidità di un uragano da Alessandro Magno. Dopo la scomparsa dell'ultimo sovrano di Pergamo, Attalo III, l'Anatolia diventa romana e in seguito l'imperatore Costantino edifica con il nome di Nuova Roma, elevandola a capitale, una grande città sul sito ellenico di Bisanzio, che sarà in seguito rinominata Costantinopoli e che conoscerà un nuovo splendore con Giustiniano. La tarda epoca bizantina è documentata dalla splendida icona di Santa Eudossia e da un medaglione d'oro. Dopo il capitolo dell'impero selgiuchide, caduto per l'invasione mongola, è la volta della nascita dell'impero ottomano che raggiunge il suo splendore

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