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Dopo 24 anni esce il nuovo cd di studio della band di Pete Townshend e Roger Daltrey

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Alla fine buttò anche la vita, e di lui restarono solo quelle maledette pasticche sul comodino. Poi, nel 2002, fu la volta dell'algido ma portentoso bassista John Entwistle: gli altri mettevano il palco a ferro e fuoco, lui pareva sempre una statua di sale. Gliene chiesero il motivo e John rispose: «Qualcuno deve pur pensare a suonare». Se lo portò via l'alcool, nell'appropriato scenario dell'Hard Rock Café di Las Vegas, alla vigilia di una tournée, che i superstiti della band decisero di intraprendere comunque. Per la verità, anche il malmostoso Pete Townshend ha vagheggiato una qualche forma di autodistruzione: dopo le clamorose accuse di pedofilia (il chitarrista riuscì a dimostrare che la sua frequentazione di siti osceni era dovuta alla necessità di documentarsi per un libro) il leader della band ha pensato di suicidarsi. Ora invece si stupisce che «a sessant'anni le donne mi trovino bello. Non me l'avevano mai detto, da giovane». In un quadro così ricco di chiaroscuri, la notizia più ironica è che lo stesso Townshend e il cantante Roger Daltrey stanno diventando entrambi inesorabilmente sordi: né gioverà al loro udito la decisione di essere tornati sulle scene. Dapprima con un tour che ha imperversato in estate tra Europa e Stati Uniti, e che si concluderà domenica alla Roundhouse di Londra. Ora con un nuovo cd (in Italia uscirà il 3 novembre), il primo in studio dopo "It's hard", che risale addirittura al 1982. Nessuno, naturalmente, può aspettarsi che questo "Endless wire" (ne sarà pubblicata anche un'edizione limitata con un altro cd-bonus, registrato in concerto a Lione nel luglio scorso) possa reggere l'onda d'urto dei capolavori degli anni Sessanta e Settanta, quando la furia iconoclasta degli Who nutriva a pane e rabbia una generazione che aveva fame di grande rock e sputava scetticismo verso le conquiste della civiltà postbellica. Daltrey cantava: «Voglio morire prima di diventare vecchio», e la Comare Secca, purtroppo, si incapricciò proprio di loro. Oggi, invece, quella che pare di ascoltare è una sorta di ballata dei sopravvissuti. Dove la rabbia è stemperata, l'energia centellinata, la malinconia più pungente di ogni inverno del cuore. Il poderoso manifesto della protesta giovanile si è trasformato nel diario delle pantere grigie del rock, che anche solo per questo meritano rispetto ed attenzione, più che morbosa curiosità. Nessuno degli idoli del pop odierno potrà reggere l'impatto di quattro decenni in prima linea, pochissimi nella storia della musica popolare possono vantare il loro repertorio. Per giunta, senza Entwistle e Moon (forse la più potente sezione ritmica di sempre), questa che si è inaugurata è dichiaratamente la fase degli "Who 2". Ammette Daltrey: «La morte di John ha stravolto gli equilibri della band. Io e Pete siamo agli antipodi, lui era il nostro equatore». Le nuove coordinate creative sono state faticosamente individuate nello studio di Townshend, dove le registrazioni hanno avuto luogo («in modo discontinuo», avvertono), nel corso degli ultimi quattro anni. Durante i quali il chitarrista si è sopratutto concentrato sulle possibilità di utilizzo di Internet: una sua commedia pubblicata in rete, "The Comedian", gli ha procurato proteste per il contenuto scopertamente erotico, mentre l'altra novella "The boy who heard music" funge da canovaccio per la mini-opera rock "Wire and Glass", che con i suoi nove brani (in qualche caso piuttosto brevi) occupa la seconda metà del disco. Niente a che vedere con le grandiose architetture di "Tommy" o "Quadrophenia", ma qualcosa di buono c'è, grazie anche al supporto del batterista Zak Starkey (il figlio di Ringo, rientrato dal prestito agli Oasis), del chitarrista Simon Townshend (fratello del capo), del tastierista a cottimo «Rabbit» Bundrick e del bassista giramondo Pino Palladino. È la storia (ne ricaveranno anche una versione teatrale) di un rocker degli anni Sessanta, vision

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