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Inarritu: la compassione unirà il mondo

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Per l'autore messicano che ha diretto Brad Pitt le religioni dividono i popoli

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Si tratta di «Babel» di Alejandro Gonzales Inarritu, vincitore a Cannes del premio alla regia. Il film, che con Brad Pitt, Cate Blanchett e Gael Garcìa Bernal, si svolge tra Stati Uniti, Messico, Giappone e Marocco, «andava rispettato — ha detto Filippo Roviglioni direttore della 01 —. Abbiamo capito che Inarritu aveva ragione. Certo per noi è una bella sfida, ma andava fatta. Solo Pitt, la Blanchet e i colloqui tra occidentali sono stati regolarmente doppiati, il resto invece sarà tutto in lingua originale». Dopo «Amores perros» e «21 grammi», il regista messicano chiude con «Babel» la sua trilogia condizione umana. E lo fa attraverso quattro storie, di persone costrette alla deriva delle frontiere culturali e linguistiche. Tutto in diverse parti del mondo collegate tra loro da un semplice quanto fatale colpo di fucile, a testimoniare la teoria secondo la quale persino il battito d'ali di una farfalla a Hong Kong, causerebbe un terremoto dall'altra parte dell'emisfero. Le razze raccontate da Inarritu non riescono più a comunicare e non tanto per le differenze religiose, sociali e linguistiche, quanto per i pregiudizi che ognuno nutre verso l'altro, nell'incapacità di comunicare. «L'unica speranza è la compassione, ben diversa dalla tolleranza, termine negativo che implica il concetto di repressione — ha spiegato Inarritu, ieri a ROma —. Nel mondo mussulmano ho incontrato gente piena di umanità e spiritualità. Le frange radicali esistono lì come in tutto il mondo: a Menphis ho conosciuto sette di cristiani terribilmente razzisti. Il mio non è un film politico, ma tratta di politica umana. Delle barriere che dividono i coniugi, i padri dai figli e tutti coloro che sentono di amarsi. In questo mondo, tra milioni di bambini che muoiono in Afghanistan, la guerra preventiva Usa e gli innocenti che finiscono nelle carceri cubane, ci siamo dimenticati del colore grigio. Vediamo in bianco o in nero. La religione non la amo perchè polarizza ed è capace solo di dividere. Mentre la miseria unisce nell'empatia. Nel film emerge pure un elemento di repressione che le istituzioni spesso utilizzano, la polizia. Ne so qualcosa io, che ogni sei mesi, vivendo in Usa senza cittadinanza, devo chiedere il permesso di soggiorno. Ma se non fossi costretto a questo auto-esilio americano forse non avrei neppure realizzato "Babel"», conclude Inarritu che oggi pomeriggio terrà una lezione alla Casa del Cinema di Roma.

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