Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

«L'autore, un vero profeta dimenticato» Nella pellicola Buzzanca e Preziosi

default_image

  • a
  • a
  • a

In questi giorni sta girando in Sicilia «I Vicerè», tratto dal capolavoro dello scrittore catanese Federico De Roberto. Faenza è riuscito dove Rossellini e Visconti avevano fallito, che si erano avvicinati al progetto e poi avevano desistito. Il film è prodotto dalla «Jean Vigo Italia», ed è interpretato da Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca, Cristina Capotondi, con la partecipazione straordinaria di Lucia Bosè. La colonna sonora originale è di un altro catanese purosangue: Paolo Buonvino. L'ambizione di un'opera letteraria si misura anche con i tentativi di trasposizione cinematografica che di volta in volta vengono attuati da cineasti più o meno motivati. Andò bene al «Gattopardo» di Luchino Visconti, ma mai nessuno è riuscito a portare sullo schermo il capolavoro dello scrittore verista, la saga della potente famiglia catanese degli Uzeda di Francalanza. Ma perché il grande affresco di De Roberto è stato spesso dimenticato e messo da parte dalla critica militante? Gli scrittori romantici, per ragioni di censura, ambientavano le storie in epoche a loro lontane per criticare la società contemporanea. Il cinema, invece, attualizza la letteratura classica per lo stesso scopo. Avverrà la stessa cosa con «I Vicerè»? «Tra cinema e letteratura c'è una grossa differenza. La letteratura consente una riflessione su ciò che si legge, il cinema trasmette emozioni. Mi spiego meglio. Nelle immagini non esiste il passato, per lo spettatore, quello che lui vede, le azioni filmiche, sono il presente. Dunque l'immedesimazione, la partecipazione del pubblico, rappresentano l'antistoricizzazione… non esistono i film in costume ma solo l'attualizzazione delle vicende». Rispetto ai suoi film di ambientazione storica, «Sostiene Pereira», «Marianna Ucrìa», qual è il suo approccio con «I Vicerè»? «Io non pretendo di fare un film sull'opera di De Roberto, nasce dalle sue pagine ma ci saranno le proiezioni dei miei pensieri, delle mie riflessioni, quindi sarà il mio film, spero… la grandezza di De Roberto sta nel fatto di aver capito con grande lucidità, con anticipo rispetto ai tempi, come sarebbe diventato questo paese in futuro. È riuscito a scolpire il DNA dell'Italia, cioè l'avidità, il conto del denaro, l'assenza di ogni giustizia, l'incapacità di portare avanti con coerenza gli ideali politici. Adesso mi chiedo, come mai la grande letteratura italiana è siciliana? E come mai la cinematografia italiana ha praticamente "saccheggiato" gli scrittori isolani?» Lei cosa pensa? «In questa regione avvengono delle riflessioni originali. Probabilmente le molte dominazioni, il miscuglio di culture, ha plasmato un pensiero siciliano. Il popolo siciliano è dinamico, imprevedibile. Comunque, leggendo "I Vicerè", ho capito tante cose, e soprattutto mi sono chiesto come mai il suo autore è stato emarginato e dimenticato dalla critica militante. Sicuramente perché "I Vicerè" è l'unico grande romanzo storico, ma laico. A differenza de "I Promessi Sposi", manifesto del cattolicesimo intransigente, che viene insegnato nelle scuole, mentre nessuno parla di De Roberto. Ne "I Vicerè" non esistono eroi positivi, impera il male, rispetto a "I Promessi sposi" si pone come romanzo de "L'Anticristo", dunque non può rappresentare l'Italia culturale bigotta. Non ho mai capito perché nessun cineasta abbia portato a compimento il progetto di questa grandiosa trasposizione, per certi versi più affascinante de "Il Gattopardo", dove l'unico protagonista di una certa consistenza è il solo Don Fabrizio, che guarda solo al passato. Ne "I Vicerè" i protagonisti odiano il presente, il passato e il futuro… ecco la cultura laica avrebbe dovuto sponsorizzare con energia l'opera dello scrittore catanese». Il suo cinema predilige il tormento, la contraddizione dell'animo umano. Per questo motivo ha deciso di cimentarsi della rappresentazione degli Uzeda di Francalanza? «Questo è un paese dove le persone perbene vengono messe da parte. Io mi ritengo un cineasta al margine, non appartengo a nessun clan, forse per questo motivo mi

Dai blog