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Delude l'ennesimo cartoon-fumetto da Tokyo

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ANCORA un film da un fumetto. Ad opera questa volta di un regista giapponese, Kazuaky Kiriya, qui al suo primo lungometraggio ma con un fecondo passato nel campo dei video musicali. Lo coadiuvano anche parecchi esperti in animazione perché la storia che ci propone in parte si vale di personaggi dal vivo e in parte si affida, con trucchi abbastanza arditi, a una gran copia di disegni animati, specie negli sfondi e nelle varie combinazioni dei colori. Siamo alla fine di questo secolo, in cifre, si spera, solo di pura fantascienza perché la Terra è stata dilaniata da una guerra di cinquant'anni tra Oriente e Occidente, conclusa con la vittoria del primo, che ha lasciato gli uomini stremati dal contatto con armi nucleari, chimiche e batteriologiche, ed esposti, a causa di queste, ad ogni sorta di malattie. Per farvi fronte, uno scienziato di nome Azuma, esperto in genetica, ha fatto ricorso a delle cellule che possono sostituire, nel corpo umano, le parti malate senza causare rigetti, provocando presto però, in seguito a un incidente di laboratorio, la proliferazione di una specie inattesa di umanoidi che subito, come d'uso, non solo si schierano contro il loro creatore ma addirittura decidono di distruggere tutti gli umani: per avere solo loro il dominio della Terra. L'unica soluzione possibile sarà quella di «resuscitare» il figlio di Azuma, morto durante quella lunghissima guerra, e affidargli la difesa dell'umanità. L'altro, che, come il titolo avverte, si chiama Kyashan, si impegnerà a fondo e alla fine vincerà. Come ci si attendeva. Interessano soprattutto gli effetti visivi. I colori in cui la realtà si accompagna all'animazione, i personaggi dei buoni sempre disposti a contrastare i cattivi (anche se, nel film, hanno volutamente tratti meno decisi che non nel fumetto, di impostazione quello totalmente manichea). E interessano i movimenti di massa, le tenzoni fra umanoidi e umani e, qua e là, il disegno piuttosto contrastato di questo o quel carattere, specie quando lo si attribuisce, allora con modi gentili, a delle figure di donna. Il resto è abbastanza disordinato, la trama, arruffata, in molti momenti si segue a fatica perché approda non di rado a soluzioni che rischiano di risultare contradditorie. Comunque è un fumetto e non è il caso di chiedere di più. Salvo, forse, per un dettaglio: manca del tutto il cane Flender. Per i patiti del genere era un personaggio fondamentale. G. L. R.

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