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di PAOLO CALCAGNO MILANO — Del bambino si vede solamente la manina avvizzita dalla fame che si sporge ...

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L¹immagine è stata scattata il 1 agosto dell'anno scorso, al Centro per gli aiuti alimentari di Tahoua, in Nigeria, dal fotografo canadese Finbarr O'Reilly, dell'agenzia Reuters, ed è stata eletta foto dell'anno nella selezione internazionale del World Press Photo 2006. Come osserva James Colton, presidente della giuria che ha selezionato e premiato le immagini dei foto-giornalisti del World Press Photo '06, «Mother and child» non solo è la foto più bella fra quelle esposte fino al 28 maggio alla Galleria Sozzani di Milano (e in contemporanea al Museo di Roma, in Trastevere), ma è anche la più significativa, perché riesce a porre domande e a trovarne le risposte. La carestia nei Paesi più sfortunati del nostro Pianeta è, certo, la catastrofe più trascurata e meriterebbe maggiore attenzione da parte dei media e della politica rivolta agli aiuti internazionali. Perché? Perché, secondo i dati forniti dalle organizzazioni umanitarie, sulla Terra, ogni 5 secondi, un bambino muore di fame: per mancanza di cibo, ogni anno, muoiono 10 milioni di bambini, più di quanti ne uccidano l'aids, la tubercolosi e la malaria, messi insieme. Con il determinante contributo di Grazia Neri la mostra espone le opere dei 63 fotografi (fra i quali gli italiani Massimo Mastrolillo e Paolo Pellegrin), di 25 Paesi, premiati per l'edizione 2006 di World Press Photo, la quarantanovesima, che ha visto la partecipazione di 4 mila 448 fotografi di 122 Paesi, autori di 83.044 44 immagini. La selezione finale del prestigioso concorso di «Fotografia e giornalismo» propone scatti che ci fanno rivivere gli eventi cruciali dell'anno passato, dallo tsunami, che ha devastato l'Asia, all'uragano Katrina che ha sommerso New Orleans, dalle bare con le vittime del massacro di Srebrenica, in Bosnia, alle guerre civili in Congo e nel Togo dove sono in migliaia ad essere stati amputati di gambe o braccia a colpi di machete, fino alle sanguinarie e barbariche lotte delle feroci bande guatemalteche, dai corpi completamente coperti di inquietanti tatuaggi. Sono immagini terribili, icone che resteranno impresse nella nostra memoria, sono scatti che fissano un momento e restano senza tempo, «capaci di trasformare la Storia nel nostro personale album fotografico», come commenta James Colton. Ma la selezione della World Press Photo '06 non documenta soltanto violenze e disastri, dolori e distruzioni. Fra le immagini premiate vi sono anche quelle che fissano poeticamente passi di danza e imprese sportive, o che ci portano lontano mostrandoci un orso polare che naviga su una piattaforma di ghiaccio, in Norvegia, piuttosto che un fiero indigeno circense che tiene al guinzaglio una Jena, in Nigeria.

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