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Springsteen affonda le mani nella Storia

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Tra folk, blues e spiritual: tredici classici per raccontare miti e battaglie civili tra Otto e Novecento

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Tenendo fra le mani non più la mappa dell'immensa provincia americana, ma il libro della storia civile del suo Paese. Senza più temere demoni nella polvere del deserto iracheno, ma evocando spiriti in catene sul suolo patrio, anime flagellate dal sogno della liberazione sociale, razziale, personale. Alla ricerca dell'inquietudine segreta della sua terra, stavolta Springsteen non usa la coordinata dello spazio, ma quella del tempo. Butta alle ortiche (apparentemente) il cronachismo odierno dell'uomo qualunque, sperduto con il suo destino in cittadine senza nome degli Stati Uniti. E si tuffa a capofitto nei decenni, o addirittura nei secoli. Per un viaggio a ritroso nel filone d'oro della tradizione musicale popolare: una volta trovato quello che cercava ha buttato via il suo taccuino di compositore e si è messo ad ascoltare antiche suggestioni, tra folk e spiritual, country e cajun, blues e canzoni di protesta. E ha capito che quei versi affondati di volta in volta nella Bibbia o nelle speranze di redenzione dei neri, dei poveri, dei lavoratori sfruttati, dei pacifisti parlavano direttamente a lui, a noi. Tesori riportati alla luce per raccontare la contraddizione del passato, che sempre riesce ad agganciarsi al presente. Sopratutto quando si narra di soprusi, di guerre, o di malinconie così private che, per paradosso, tutti possono farle proprie. Non era mai accaduto, prima, che Springsteen incidesse un intero album di "cover", di riproposizioni di brani altrui. Per giunta, questo "We shall overcome" (il 21mo della sua discografia) è esplicitamente dedicato a uno dei padri nobili della musica popolare Usa del Novecento: quel Pete Seeger che a giorni compirà 87 anni, dopo una vita in prima linea, l'ostruzionismo dei maccartisti ai tempi della guerra fredda, migliaia di concerti dedicati a tutte le "buone cause" progressiste, non solo americane. Ma sbaglierebbe chi pensasse a una collezione di brani "scritti" da Seeger: il filo rosso che lega queste tredici perle è il fatto che siano state registrate, eseguite o rielaborate dal vecchio aedo del folk. Che si è sempre dedicato, tra vinile e riproposizione orale, a tramandare un patrimonio altrimenti a rischio di estinzione. Malgrado il fatto che (come qualcuno si è divertito a calcolare) più di milleduecento artisti si siano cimentati con questo repertorio. Springsteen, sfidando chi vedeva in questo progetto un calo di ispirazione, e rassicurando i fans che reclamano a gran voce una nuova sortita con la poderosa E Street Band (il prossimo disco rock è stato già scritto, anche se non ancora registrato), si ripropone in questo modo a un anno di distanza dal coraggioso - e magnifico - "Devils & Dust". E il risultato è smagliante: tanto che, con i 17 musicisti che lo accompagnano (tra cui la moglie Patti Scialfa, la fida violinista Soozie Tyrell e gli amici della sezione di fiati dei Miami Horns) si divertirà anche in tournée in giro per il mondo. La prima sarà - significativamente - a New Orleans, il 30 aprile. Poi il Boss sbarcherà in Europa, per dieci concerti i cui biglietti sono andati esauriti in una manciata di minuti. Lo start a Dublino il 4 maggio, unica data italiana il 12 al Datchforum di Milano. L'idea per queste "Seeger Sessions" (nella confezione in DualDisc anche trenta minuti di documentario, con alcune performance inedite sul cd) era balenata nella testa di Bruce nove anni fa, quando aveva offerto due o tre interpretazioni (tra cui la stessa "We shall overcome", inno universale di ogni movimento di opposizione civile) per un disco-tributo al maestro Pete. Ma l'energia, il mood spontaneo che si era creato con i suoi nuovi compagni d'avventura lo ha spinto ad allargare l'operazione, nei mesi scorsi. È nato così un capolavoro concepito letteralmente in casa, nella sua villetta di Rumson, New Jersey. Con i trombonisti sistemati in corridoio, una volta esauriti i posti in tinello, e nessun arra

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