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Il «tradimento» del 25 luglio 1943 fu concordato Vittorio Emanuele III voleva l'uscita dalla guerra

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Quarant'anni dopo" (Il Mulino,1983), Renzo De Felice rileva che gli avvenimenti del "fatal giorno" sono ancora "avvolti nell'ombra, poco chiari o addirittura controversi". Tali rimarranno, aggiunge Pietro Ciabattini nel saggio adesso in libreria ("Il Duce, il Re e il loro 25 luglio", introduzione di Giuseppe Parlato, Lo Scarabeo, pp.176, euro 16,80) "fino a quando, da qualche archivio, non usciranno fuori i diari del Re, quelli di Mussolini, o i documenti scomparsi a Dongo". Lo storico senese aggiunge che "a non chiarire quell'ombra contribuisce anche il dignitoso riserbo di Vittorio Emanuele III che, almeno ufficialmente, non replicò mai alle numerose accuse rivoltegli da Mussolini". Forse - questo Ciabattini non lo dice espressamente, ma ci par che lo lasci intendere - bisognerebbe meglio scavare nei rapporti tra il Capo del Fascismo e il Sovrano. Quali erano "veramente"? Se è vero che i due personaggi, diversi com'erano, in cuor loro mal si tollerassero, si può però supporre che per forza di cose il "dialogo" fosse nato e si fosse via via rafforzato: dal 28 ottobre 1922 i due "destini" apparivano indissolubilmente legati; il Fascismo era un "totalitarismo imperfetto" anche per la presenza della Monarchia; la conquista dell'Impero e poi la guerra, per differenti ragioni, avevano saldato un vincolo "di fatto". Insomma, se comuni erano le responsabilità, era possibile ipotizzare un'uscita dell'Italia dal conflitto che non fosse, in qualche modo, "concordata" tra i due? Ecco, allora, la spiegazione del titolo "Il Duce, il Re e il loro 25 luglio". E cioè quel 25 luglio che vollero "insieme". Nella "Storia di un anno", che il Duce scrisse nell'estate del 1944, a conferma di questo stretto "legame", si legge: "Mussolini si recava regolarmente al Quirinale due volte alla settimana fin dal 1922. Oltre a questi incontri del lunedì e del giovedì, molti altri avvenivano per ragioni diverse e, quasi tutti i giorni, durante le manovre militari estive...". Insomma, durante il Ventennio, "il re concesse a Mussolini oltre duemila udienze private nel corso delle quali dovettero risolvere molti problemi e prendere decisioni di grande importanza". Crebbe, insomma, e si consolidò un reciproco rapporto di fiducia. "Insieme", il Re e il Duce, pur coscienti della non felice situazione delle nostre Forze Armate, decisero di entrare in guerra, certi dell'"immancabile vittoria": la Francia era praticamente battuta, dall'Inghilterra, sottoposta al blocco aereo-navale e minacciata dallo sbarco tedesco, era attesa da un momento all'altro la richiesta di pace. E l'Italia avrebbe potuto sedersi vittoriosa, e senza aver dovuto patire troppi affanni, al tavolo delle trattative. Ma poi gli eventi furono contrari ai voti augurali. A questo punto, bisognava uscire "onorevolmente" dal conflitto, attraverso "cauti sondaggi" in due direzioni: quella del nemico e quella dell'alleato Hitler cui il Duce avrebbe dovuto chiedere "comprensione". Lo sbarco degli Alleati in Sicilia il 9 luglio del 1943 e i bombardamenti su Roma fecero saltare ogni progetto di uno sganciamento "pacifico" dalla guerra, ammesso e non concesso che ci fossero le condizioni perché si realizzasse. E c'era da dubitarne. Nella riunione avvenuta tra Hitler e Mussolini sei giorni prima del 25 luglio, il Fuhrer travolse il Duce con la sua frenesia logorroica e così non si parlò né di pace separata con l'Unione Sovietica né di fuoriuscita dell'Italia dal conflitto; da parte degli Alleati, poi, venne ribadito "che anche nel caso l'Italia avesse deciso di accettare la resa incondizionata, essi non l'avrebbero mai trattata con Mussolini". E tuttavia, sostiene Ciabattini, in accordo con altri storici come F.Orlando ("Mussolini volle il 25 luglio", SPE), il sotterraneo lavorìo continuò fino alla seduta del Gran Consiglio. Altrimenti non si spiega il fatto che per la prima volta Mussolini abbia accettato che nel Gran Consiglio, Supremo Consesso del Regime, fossero discussi e votati ordini del giorno presentati

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