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Panella: i critici che parlano bene di me sono cretini

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Il paroliere di Battisti, il traduttore di "Notre Dames de Paris", di Riccardo Cocciante, che questa sera salirà come ospite sul palco dell'Ariston, ancora una volta si è divertito sconvolgere il mondo della canzonetta sanremese sfornando un brano: «Processo a me stessa» che, avvolto nel mistero sino all'ultimo minuto della messa in onda, è riuscito a carpire l'interesse del pubblico. Proprio come quella, di Battisti, la vita di Panella è avvolta nel mistero: non rilascia interviste, non si fa vedere in tv, si dice che ci sia lo zampino anche in altri successi di alcuni accorsati divi del pop di casa nostra. Eppure questa volta si concede di buon grado. «Le canzoni - spiega Panella - sono povere cose, risolte solo in termini strutturali in cui, come in poesia, solo la rima è casuale, anche se sembra il contrario. Il cantante, l'autore, il poeta sono dei gran truffatori che si trastullano con le parole. Se questo è il gioco, beh... a me piace portare la canzone all'estenuazione, cercarne il limite estremo, dare alle parole ed al loro susseguirsi una strana configurazione. Mettere a rischio le parole, provare a confonderle, prima che loro, e la noia, abbiano il sopravvento». Panella è vero che vuole smettere con questo mestiere? «Ho scritto tutto tutto, scritto troppo, orami è tutto così facile». Dopo versi come "Dolcezze e liturgia/ orgiette e leccornia", c'è chi ti acclama come un poeta che sta rivoluzionando il retorico mondo della canzone e chi dice che sei un buffone. «Non leggo molto le critiche anche se mi sforzo ad interessarmene. I migliori critici sono di sicuro quelli che mi attaccano, chi dice che sono un poeta, è un ciarlatano, un cretino. E poi la poesia, in Italia, forse a parte Sanguinetti, è una cosa aulica per tromboni, giovani poeti di ottant'anni come Luzi e Raboni. Comunque le canzoni sono canzoni, non poesie. E io non posso prendere sul serio le canzoni. Non le ascolto, non ho mai posseduto uno stereo, una radietta. Sono entrato in questo mondo solo per mantenermi lontano dagli studi». E il suo incontro con Battisti? «Non saprei cosa dire. Mi ci sono ritrovato coinvolto quasi per caso, e adesso non chiedermi delle canzoni che ha scritto con Mogol: anche se sembra impossibile, non le conosco, non ho mai ascoltato nessun tipo di musica. La canzone è una cosa stupida, nella quale tutti si affannano di trovare un messaggio, con le stupidaggini della canzone "impegnata". Il difetto della canzone è quello di avere un senso. Quando sarà insensata sarà vera. Sarà poesia».

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