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Al botteghino ha battuto «King Kong» «Temevo che il gorillone mi stritolasse»

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«C'avevo una paura - confessa il regista toscano che sta sbancando il botteghino con il suo film "Ti amo in tutte le lingue del mondo" - Temevo di essere stritolato dal bestione a effetti speciali. E, invece, "King Kong" in Italia ha incassato meno che negli altri Paesi d'Europa. Il cinema è affascinante perché è imponderabile: è sempre il pubblico che decide e che ti sorprende». Pieraccioni scalda i motori, in attesa di incontrare il pubblico che già affolla la sala dell'Odeon di Milano, dove si proietta il suo film. Il regista fiorentino (il 17 febbraio prossimo compirà 41 anni) da alcuni giorni è in testa alla top-ten del box-office e sta regolarmente battendo anche la coppia Boldi-De Sica di «Natale a Miami». Pieraccioni, s'aspettava un successo simile? «Nel cinema ogni calcolo lascia il tempo che trova. In verità, il film di Boldi e De Sica, complessivamente, è di un paio di milioni di euro davanti al mio che, però, è in forte rimonta ed è vicino ai 20 milioni di euro d'incassi. In qualche modo, lo scontro dei due film ha il ritmo del confronto tra un Clown Bianco dalla comicità più manovrata nell'affondo, quale io sono, e il Clown Augusto, più aggressivo e diretto, come sono appunto Boldi, De Sica, ma anche altri come Panariello, Ceccherini, Sconsolata. Io ho bisogno di tempo per far arrivare il segno della mia comicità». Si sente l'artefice di un miracolo o un miracolato? «In realtà, io avevo un solo pensiero fisso: smettere di fare il magazziniere. Non ne potevo più di andare tutte le mattine in magazzino e accendere le luci della mia Renault 11 GPL per non affogare nel buio. Facevo già un po' di cabaret, ma il sogno era il cinema perché così, oltre a raccontarle, potevo anche far vedere le mie storie. Avevo 28 anni, i capelli corti e il viso sbarbato, quando tampinavo i produttori con il copione de "I laureati", che allora avevo intitolato "Amici fuori corso". Mi presentavo come l'occasione della vita di ogni produttore e, giustamente, quelli mi guardavano con compassione. Finché la grande talent-scout Rita Rusic, allora signora Cecchi Gori, mi fece fare il film che, però, fu distribuito in sole due copie, una a Firenze Sud e l'altra a Firenze Nord. Dopo un po' Rita ci annunciò che il film sarebbe andato all'"estero" e mandò due copie a Perugia e Arezzo. Ad ogni modo, incassammo 13 miliardi e io riuscì ad abbandonare quel magazzino. Fu un miracolo. "E il talento?", mi chiederà lei. Le rispondo: il mio unico talento è che faccio i film che vorrei vedere io e sta nel fatto che ho un gusto simile a quello del pubblico che mi viene a vedere». Infatti, arrivò il botto de ìIl ciclone. «Già. Io e Rita riuscimmo a metterlo in cantiere, nonostante Vittorio Cecchi Gori continuasse a ripetere: "Qui bisogna fare I laureati 2". Il film incassò 78 miliardi di lire e il successivo "Fuochi d'artificio" ne mise assieme 72». E, poi, incomprensibilmente, tentò d'imitare John Wayne. «Pensai d'osare e, assieme al fidato Giovanni Veronesi, scrissi "Il mio West", che moltissimi presero per il classico film comico di Natale, mentre voleva essere tutt'altro. Gli incassi si fermarono a 18 miliardi: ci rimasi male e ritornai al cabaret. Siccome è più difficile scrivere un testo teatrale di un'ora e mezzo che non la sceneggiatura di un film, ripresi a fare cinema: "Il pesce innamorato", "Il principe e il pirata", "Il paradiso all'improvviso", fino a "Ti amo in tutte le lingue del mondo"». Andrebbe a Sanremo? «Certo, come ospite. Anzi, se Panariello non mi invita mi intrufolo alla maniera di "cavallo pazzo". La tv è molto più faticosa del cinema e se buchi ti picchiano con un matterello il giorno dopo. A Panariello consiglio di sconvolgere tutto con grandi sorprese. Ad esempio, dica subito il nome del vincitore, si affacci all'Ariston e annunci: "Signore e signori ha vinto Anna Oxa". Funzionerà». Preferirebbe fare coppia con Boldi o con De Sica? «Il mio sogno è di fare un film

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