Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La Storia? È cinica e bara

Esplora:
default_image

Le rivelazioni dei giudizi di Churchill su Ghandi ripropongono l'irrisolta «questione morale»

  • a
  • a
  • a

«Ha avuto la guerra che lui e Roosevelt hanno desiderato», commenta uno storico scrupoloso come Emilio Faldella. Con l'inizio del conflitto, gli Stati Uniti si candidavano ad "arsenale delle democrazie", producevano a ritmo sostenuto, si facevano pagare profumatamente le forniture militari dalla stessa Inghilterra, uscivano soprattutto definitivamente dal tunnel della depressione seguita al crack del 1929. Ancora. Nessuno ha mai smentito che la Croce Rossa americana venne messa in stato di allarme, sulla costa occidentale californiana, con giorni di anticipo, in vista di una emergenza nelle Hawaii, a Pearl Harbor, obiettivo dei giapponesi il 7 dicembre 1941. il «giorno dell'infamia» - come venne chiamato dal Presidente per mobilitare l'opinione pubblica americana - servì a Roosevelt per dichiarare «Germania first»: la vera minaccia era la Germania nazista, non l'imperialismo giapponese in Estremo Oriente. Avviciniamoci ai giorni nostri. È risultato - a posteriori - che l'incidente del Golfo del Tonchino, il 4 agosto 1964, era completamente inventato: provocò, come ritorsione, l'inizio dei bombardamenti aerei americani sul, Vietnam del Nord, l'avvio della escalation, la dilatazione del conflitto, con l'esito finale che conosciamo. Si parlò di «guerra del Presidente», che questa volta era Lyndon Johnson. Morale e politica, o realpolitik, se più piace: quando mai sono andate a braccetto? Quando mai è stata la morale a prevalere sugli istinti, i pregiudizi, le passioni, gli spregiudicati calcoli degli uomini? In Italia, il revisionismo storico funziona a fasi alterne, piegato alle esigenze «pro domo nostra». In Inghilterra, invece, coinvolge perfino Churchill, che equivale a dire male di Garibaldi. La declassificazione delle minute della discussioni tenute dal Gabinetto di guerra, ha rivelato un premier cinico e sprezzante sui digiuni pacifisti di Gandhi («un fachiro seminudo», secondo il discendente del duca di Marlborough), al punto da augurarne la morte per inedia. Ben altri gli "scheletri nell'armadio" di Winny che, nonostante la parola d'onore dell'ammiraglio Francois Darla («Mai consegneremo la flotta a tedeschi o italiani»), fece spietatamente aprire il fuoco sugli alleati del giorno prima, massacrando più di 1300 marinai sulle navi francesi, bersagli immobili ancorati a Mer el-Kebir. Lo stesso Churchill - il Regno Unito non era forse entrato in guerra per difendere la «martire Polonia»? - si inalberò e diventò intrattabile, quando il generale Wadislaw Sirkorski accusò Stalin di aver fatto eliminare 15 mila ufficiali e soldati polacchi, a Katin e dintorni. Seguì una ulteriore dimostrazione di cinismo da parte del premier inglese: «Se sono morti, non potete far nulla per richiamarli in vita». Ma Sikorski non si piegò alla «ragion di Stato» e, misteriosamente morì di lì a poco in un incidente aereo: la fatalità o sofisticato sabotaggio per chiudere la bocca a un personaggio "scomodo", che rischiava di guastare le relazioni con l'alleato Stalin, che aveva reagito parlando di «infami accuse». Dovranno trascorrere decenni, prima che Gorbaciov ammettesse che sì, erano stati gli uomini della Nkvd staliniana ad abbattere, col colpo alla nuca, il fior fiore dell'armata polacca. Si è sempre detto che il pezzo forte del fantomatico carteggio Mussolini-Churchill (che prima o poi dovrà pur saltare fuori: fu Flora Antonioni, giornalista de «Il Tempo», a vedere il plico che conteneva il carteggio negli archivi del Viminale) consisteva nei compensi coloniali a spese della Francia - in ginocchio nel giugno 1940 - offerti dal Premier britannico per tenere l'Italia fuori dal conflitto. Che cosa direbbe, ancora oggi, la storiografia ufficiale se risultasse vera, documentata, dimostrata, una iniziativa del genere, che Churchill era capacissimo di prendere, con i tedes

Dai blog