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Bella e bestia per tre ore a confronto

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Venerdì esce l'ennesimo remake di «King Kong» fortemente voluto dal regista Peter Jackson

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Un progetto che il regista Peter Jackson caldeggiava fin dalla sua infanzia, quando a soli nove anni vide per la prima volta in tv il «King Kong» di Schoedsack del 1933, con la superba Fay Wray e qualche settimana dopo si fece regalare dal padre una macchina da presa. Ma solo a 35 anni, dopo aver girato il film americano «Sospesi nel tempo», Jackson convince la Universal ad affidargli il remake del Gorilla più famoso di Hollywood: un progetto però che non vide mai la luce. Poi, il regista neozelandese conquista ben 17 Oscar grazie alla trilogia de «Il Signore degli Anelli» e allora la Universal non ha più dubbi. Lo dimostra consegnando a Jackson un anticipo di 20 milioni di dollari, oltre al 20 per cento dei futuri incassi, mettendo a disposizione un budget che supera i 200 milioni di dollari, purché riemerga dalla polvere King Kong. E così è stato: nel «King Kong» di Jackson si ritorna indietro al 1933, in una Manhattan digitale e quando poteva ancora esistere un'isola sconociuta, abitata da animali preistorici: tutto per rievocare molto fedelmente la sceneggiatura originale, scritta negli anni Trenta da Merian C. Cooper e da Edgar Wallace. La storia è quella dell'attrice newyorkese Ann Darrow (interpretata dalla biondissima Naomi Watts), in crisi, come molti suoi connazionali, per la Grande Depressione che si era appena abbattuta sull'America. La sua vita cambia quando l'ambizioso filmaker Carl Denham (Jack Black), la coinvolge in una avventurosa spedizione a Skull Island, vicino Sumatra, dove la leggenda vuole che si trovi il gigantesco gorilla Kong. Nel cast figurano anche il premio Oscar Adrien Brody (nei panni di un intellettuale commediografo, molto diverso dal macho della pellicola originale) e i figli del regista, Billy e Kate. Manca purtroppo Fay Wray (protagonista del film del 1933) che Jackson aveva chiamato perché pronunciasse la frase cult che chiude il kolossal: «È stata la Bella che ha ucciso la Bestia». Ma la Wray è scomparsa a 96 anni, proprio sei mesi prima che iniziassero le riprese. Tra la bella Ann e Kong nasce subito una sorta di dipendenza reciproca. Anche perché Kong, «l'ottava meraviglia del mondo», nonostante sia alto 8 metri e pesi circa 4 tonnellate, mostra in realtà una innocenza e una espressione che a volte suscita persino tenerezza. Tutto merito dell'attore Andy Serkis (già assoldato da Jackson per animare l'orribile Gollum de «Il Signore degli Anelli»), che mima i movimenti e le espressioni del modello reale di Kong: Copito de Nieve, il gorilla albino dello zoo di Barcellona, deceduto l'anno scorso. Nei suoi 180 minuti di pellicola, Jackson, già in odore di nomination per la corsa all'Oscar, non ha dimenticato proprio nulla, nemmeno la storica scena in cui Kong difende Ann dal feroce V-Rex. Intanto, il film ha già portato a casa due Spike Tv Award, premi consegnati ai videogame di «King Kong», come miglior gioco basato su un film e per il migliore attore «umano» (Jack Black). Dopo tanta fatica, Jackson già pensa al prossimo film: «The Lovely Bones», basato sul libro di Alice Sebold, storia di una quattordicenne uccisa, che dal paradiso cerca di capire cosa le sia davvero accaduto.

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