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Greenaway: «Il cinema?

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Morto, anzi mai nato»

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L'intervento del regista è stato ieri articolato durante sette interruzioni del film stesso, nelle quali Greenaway ha messo in luce come il suo lavoro sia un network internazionale tra i diversi linguaggi artistici, tra progetti teatrali, cinematografici, multimediali e nelle arti plastiche. La storia è quella di un uomo, una sorta di alter ego del regista, collezionista di valigie, di memorie, di posti, di storie, uno scrittore e archeologo alla ricerca di popoli dimenticati e civiltà perdute. Ognuna delle sue valigie è un pezzo della sua esistenza. Le vicende del protagonista si sviluppano in un arco temporale che va dal 1928 (anno in cui fu scoperto l'uranio) al 1989 (anno della caduta del muro di Berlino) e tutti gli eventi ruotano attorno all'uranio. Il numero chiave sul quale si fonda il film è il 92, numero atomico dell'uranio: 92 personaggi, 92 eventi chiave, 92 valigie e 92 saranno i dvd del film. Nella valigia numero 46, per esempio, ci sono 92 lingotti d'oro che sono stati rubati dal terzo Reich ad ebrei deportati; di ciascuno di questi lingotti viene rintracciata l'origine. Ciascuna delle valigie è in qualche modo un progetto parallelo al film: sulla valigia numero 46 è stato già fatto un allestimento teatrale intitolato «Gold». E sempre legato al progetto è lo spettacolo «I guardiani dell'uranio», ora a Genova e da marzo a Roma, dove l'anno prossimo allestirà un evento in piazza della Cancelleria. «Il cinema è morto con l'avvento del telecomando - ha concluso Greenaway - L'unico artista italiano multimediale è il Bernini. Ora la cultura cattolica italiana deve fare i conti con eutanasia e omosessualità».

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