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«Parteciperei all'Isola o alla Talpa ma solo per far arrabbiare gli altri»

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Sono passati velocemente, perché ho avuto la fortuna di lavorare sempre. Solo da poco tempo mi sono accorto che avevo dei sogni nel cassetto, che non ho mai realizzato. Per esempio desideravo girare il mondo, andare in certi posti e non l'ho mai fatto. Ormai non ho più voglia di partire. Vorrei solo fermarmi». Chi parla è Raimondo Vinello, che oltre a festeggiare le nozze di diamante con lo spettacolo, sta per tagliare un altro importante traguardo: «Casa Vianello» , la popolare sit com di Canale 5, diventa maggiorenne. Diciotto anni sono trascorsi da quando con la moglie Sandra Mondaini ha portato sul piccolo schermo il menage quotidiano scandito da brontolii, battibecchi e piccoli equivoci. «Diciotto anni sono veramente molti. La gente ha piacere di vedere questa breve commedia, perché i mariti si riconoscono nel mio comportamento, mentre le mogli in quello di Sandra. Il finale ripetitivo sta proprio a dimostrare l'insoddisfazione della moglie nei confronti della vita che le fa fare il marito. Insomma le coppie si riconoscono perché sono situazioni abbastanza comuni nelle famiglie. E poi "Casa Vianello" incontra il favore del pubblico perché non ci sono volgarità. L'importante è trovare degli spunti, che prendiamo dalla vita comune esasperandoli. Ma è tutto vero. Le prove, ovviamente, le facciamo a casa». All'inizio pensava che sarebbe durata tutti questi anni? «Assolutamente no. Anzi, ero certo che la prima serie sarebbe stata anche l'ultima. Invece, dopo 18 anni, siamo ancora qui a raccontare le nostre avventure. E il pubblico ci dimostra tutti i giorni un grande affetto. Oramai ci considera di famiglia, quasi dei parenti». Come nacque l'idea di questa sit com? «Mentre facevamo "Tante scuse" e "Di nuovo. Tante scuse", notammo che gli sketch più riusciti erano quelli in cui recitavamo noi stessi e che bastava sviluppare la situazione. Così abbiamo allungato i dialoghi, continuando a rappresentarci. Allora, però, non c'era nessuna intenzione o speranza di fare venti puntate l'anno. Invece...». Oggi vi manca un varietà come «Tante scuse»? «No. Non sarebbe più tanto facile neppure scriverlo. Con "Casa Vianello" ci confrontiamo con una situazione collaudata. Nel varietà bisognerebbe inventare continuamente». Sarebbe duro confrontarsi anche con i reality. «Siamo stati noi a fare il primo reality. Con "Casa Vianello", infatti, siamo stati i primi a entrare nella camere da letto». Che pensa di questo genere che riduce gli altri programmi a servire messa? «Non li seguo con simpatia, però Sandra sa tutto di tutti. Se fossi stato più giovane, avrei partecipato molto volentieri come concorrente. Ma solo per fare arrabbiare gli altri». Qual è, allora, il genere televisivo che detesta? «Non c'è. Mi sta bene quando fanno della comicità o trasmettono cose interessanti come i programmi di divulgazione scientifica. Li seguo sempre con piacere. Non lo dico per darmi un tono da intellettuale, ma mi piacciono sul serio. Poi guardo i film, ma seguo soprattutto lo sport». A proposito: cosa pensa del razzismo negli stadi? «È vergognoso, è veramente vergognoso. Penso che sia avvilente e vigliacco farlo nei confronti di un giocatore che si sente solo, isolato e boicottato. Mi dà fastidio che l'Inter giochi con undici giocatori stranieri, perché mi sembra eccessivo. Ma qui non c'entra il razzismo. La mia è solo una battaglia per difendere i posti di lavoro dei giocatori italiani». Ma cosa si dovrebbe fare per fermare la violenza negli stati? «Ho 83 anni e sono decenni che sento parlare di soluzioni per debellare certi fenomeni. Le hanno tentate tutte con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Evidentemente il calcio rappresenta un grosso sfogo per gli sportivi». A quanti anni ha sentito il sacro fuoco della recitazione? «Io non ho mai avuto la vocazione. Ho portato sulla scena quello che ero nella vita. Comunque, benché tutto sia nato da una cosa occasionale, sono ben felice di aver lavorato per il teatro, il cinema ma soprattutto per

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