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Il triste Murray

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NELL'ULTIMO film di Jim Jarmush «Coffee and Cigarettes», in undici episodi, si partiva quasi da un gioco, gli eccessi di caffeina e nicotina, per approdare a climi scopertamente drammatici, all'insegna della solitudine, presente e opprimente in quasi tutti i personaggi. Anche oggi si parte quasi da un gioco, l'arrivo di una lettera su carta rosa, scritta a macchina con inchiostro rosso, in cui una delle tante ex amanti del protagonista, l'attempato ex donnaiolo Don Johnston, gli dice, senza però firmarsi, di avere avuto da lui un figlio ormai diciannovenne e gli chiede, nel caso dovesse incontrarlo, di trattarlo bene. Don sulle prime non prende sul serio né la lettera né la notizia, ma un suo amico, investigatore dilettante, ricerca subito per lui, grazie a un computer, gli indirizzi di almeno quattro donne che potrebbero aver scritto quella lettera e organizza subito tramite agenzie, dei viaggi in auto e in aereo per consentire a Don di andare ad incontrarle non dimenticandosi, ogni volta, di portare a ciascuna un mazzo di fiori rosa. Da qui il resto che, un po' sull'eco di «Coffee and Cigarettes», finisce per consistere in quattro episodi, con Don sempre al centro e, via via, le quattro donne che si è deciso ad incontrare. Incontri non facile perché lui, su consiglio dell'amico, non vuol chiedere notizie dirette e si sforza, invece, di sondare una dopo l'altra le sue ex amanti per riuscire a indovinare chi gli ha scritto. Incontri, qualcuno, persino tenero, altri o deludenti o addirittura rischiosi perché il marito della quarta non esiterà ad aggredire Don, addirittura brutalmente, lasciando che se ne torni a casa senza aver saputo nulla. Neanche quando, proprio all'ultimo, incontrerà un giovanetto che sembra seguirlo. Con un'ultima delusione. Il peso del film, e la sua forza, sono tutti a carico del personaggio di Don, indeciso, quasi timido, felice della sua solitudine attuale ma attraversato poi, favorevolmente, dall'idea di poter accompagnarvi un figlio. Destinato, alla fine, a riaffidarsi al suo grigiore. Lui no, ma forse lo spettatore, grazie a qualche lieve indicazione inserita da Jarmush nella storia, potrà intuire chi, delle quattro donne, ha scritto la lettera rosa. Il film però non è qui: è in quella ricerca, prima reticente e poco convinta, poi un po' più calda ed è in quelle mutevoli reazioni del protagonista, all'insegna della sua desolazione. Le esprime, magnificamente, la recitazione di Bill Murray, segnata ma segreta, devastata ma sfumata. Fra le donne ci sono addirittura Sharon Stone e Jessica Lange: si limitano quasi soltanto ad apparire, ma lasciano il segno.

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