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Roberto Herlitzka, si sente un «re Lear»? «È il personaggio che sto interpretando a teatro.

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Re Lear è un testo della tradizione elisabettiana. Moderno, vivo, palpitante. Un modo per parlare alle platee contemporanee». Ricorda il suo primo spettacolo? «Sì, "Francesca da Rimini", una tragedia in quattro atti di D'Annunzio. Facevo la parte del giullare». Quale regista ama di più? «Ho lavorato tantissimo al Piccolo Teatro di Milano. Sono stato diretto da moltissimi registi. Tutti bravi, Lavia, Squarzina, Ronconi, Calenda». Qual è stato il suo maestro? «Certamente Orazio Costa, docente dell'Accademia e primo regista che mi ha diretto. Sono legato a lui da intensa gratitudine e da un profondissimo ricordo». Teatro, tanto teatro, ed il suo rapporto con il cinema? «Un rapporto nato relativamente tardi. Nella mia prima attività professionale ho lavorato in modo continuativo per il teatro, non coltivando alcun contatto con il mondo cinematografico. È stata Lina Wertmuller a chiedermi di prendere parte ad alcune sue pellicole. Pasqualino Settebellezze, Scherzo, Notte d'estate con profilo greco». E altri registi di cinema che l'hanno scelta? «Roberto Faenza, Fiorella Infascelli e Piscicelli». Ma poi anche Bellocchio? «Sì, il recentissimo "Buongiorno, notte" dove interpretavo un grande statista, Aldo Moro. Ed ho vinto il Davide di Donatello 2004 come miglior attore non protagonista. "Buongiorno, notte" è sicuramente un grande esempio di cinema italiano». I periodi di inattività la scoraggiano? «Mai. Anzi favoriscono la mia riflessività e la mia curiosità per l'osservazione del mondo. A volte sono per me un vero e proprio toccasana perché mi aiutano a guardarmi dentro». Figlio di genitori separati, una condanna? «No. Ho conosciuto mio padre all'età di sette anni e ne ho subìto immediatamente il fascino. Ho vissuto in prevalenza con mia madre. Una figura davvero eccezionale. Considero la famiglia un valore fondamentale. Sono sposato e sono felice con mia moglie».

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