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In famiglia tra dramma e ironia

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Amori, speranze e delusioni di tre sorelle svedesi

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TRE sorelle in una nevosa provincia svedese. la minore, Mia, si è da anni trasferita a Stoccolma ma torna a casa per festeggiare il settantesimo compleanno del padre. La maggiore, Gunilla, divorziata, è reduce da un viaggio a Bali dove sostiene di aver conosciuto il vero amore (forse però a pagamento). Quella di mezzo, Eva, con figli e marito, lì si occupa di tutto e naturalmente anche dei festeggiamenti per il padre, nonostante gliene voglia perché ha appena appreso che ha regalato a Mia un appezzamento di terreno destinato, in cuor suo, a una delle sue figlie. Mia, comunque, di quel terreno non sa cosa farsene anche perché non pensa di lasciare Stoccolma nonostante una sua fugace relazione con un giovincello l'abbia lasciata incinta, in dubbio, adesso, se tenersi o no il bambino. Attorno altri parenti, tutti con i loro piccoli o grandi problemi che, all'occasione di quel raduno familiare, emergeranno ora in modo tranquillo ora, invece, in modo drammatico. Finché, durante il ballo con cui la festa si conclude, proprio Eva, la più attiva, non stramazzerà al suolo colpita da un infarto. Alle sorelle il rammarico di averla capita poco e, soprattutto, di non averla mai amata. Un quadretto di vita familiare. Se l'è scritto e poi portato sullo schermo una giovane esordiente, Maria Blom, originaria della regione in cui lo ha ambientato, la Darcarlia. Ha guardato molto così a quella cornice da lei tanto conosciuta, immergendola in una nitidissima luce nordica resa anche più abbagliante dalla neve attorno. E in mezzo ha lasciato che emergessero figure tipiche di quella zona, con le loro psicologie ben delineate e i loro contrasti espressi con un sapore costante di vissuto. Affidate a una regia che, pur tra le pieghe di un racconto in apparenza spesso convenzionale — la giovane incinta, l'anziana con smanie di sesso, un coniuge tradito, una moglie, dopo il suicidio di un marito non amato, incapace di dare a un figlio già maturo delle ragioni di vita — privilegia sempre note lievi, muovendosi tra le pieghe dell'azione con accenti mai insistiti e anzi in più momenti addirittura delicati. Accettando, se non proprio il non detto, almeno lo sfumato. Con garbo fine. Gli interpreti che agiscono in queste cifre non ci sono noti ma, specie le tre donne, Sofia Helin, la più giovane, Ann Petrén, l'anziana, Kajsa Ernst, quella destinata a morire, hanno sapori autentici; anche quando, tra i risvolti del dramma, si fa avanti l'umorismo.

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