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«Letteratura, paradiso degli uomini perdenti»

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Lo scrittore cileno famoso in tutto il mondo e lo scrittore uruguaiano più popolare del suo paese. Due cittadini del pianeta, ma soprattutto amici da sempre. E come spesso accade, quello più forte ed esperto invita (o trascina) l'altro nelle sue avventure. Hanno persino fatto il viaggio in auto insieme per essere ieri sera a Roma all'appuntamento organizzato in grande stile dall'Ambasciata dell'Uruguay in Italia e che li ha visti protagonisti in Campidoglio di un incontro col pubblico di lettori. E così Luis Sepùlveda e Mario Delgado Aparaìn hanno raccontato e parlato de «I peggiori racconti dei fratelli Grim» (Guanda), presentati da un altro amico, Gianni Minà. Il filo dell'amicizia corre ovunque nel discorso, traspare anche dal fatto che il libro ha per protagonisti due curiosi filologi di dubbia competenza, anzi dalla saggezza inutile (dietro i quali si nascondono gli autori stessi), che seguono le vicende di due più strambi gemelli, i fratelli Grim appunto, ma con una «emme sola», Cain e Abel (citazione biblica), due cantastorie le cui peripezie li portano dalla Patagonia fino in un circo a Montevideo. Insomma, c'è sempre un due che ritorna... «Sì, questo romanzo è un vero omaggio all'amicizia - spiega Delgado Aparaìn (noto in Italia con "Una storia dell'umanità" pubblicato da Guanda) - abbiamo lavorato, nel senso culturale e artistico, senza competizione cosa davvero inedita ai nostri tempi». E Sepulveda, giramondo, raccontatore di storie, giornalista, ecologista militante e anche regista (che in questi giorni in Italia riceverà anche una laurea honoris causa ad Urbino) gli dà man forte: «Non avrei potuto lavorare che con Mario, siamo nati nello stesso anno, il 1949, abbiamo combattuto e sofferto per le stesse cose, e abbiamo trovato un modo tutto nostro per comunicare. E poi ognuno di noi è una sorta di padre adottivo per i figli dell'altro, anzi forse qualche volta da piccoli ci avranno pure confusi... E nel romanzo abbiamo disseminato amici comuni, sotto altri nomi. Insieme abbiamo quindi partecipato del "mito" della letteratura, che è quello che ci interessa, con rispetto ma senza sacralizzarla». Sepulveda, quando «I peggiori racconti dei fratelli Grim» è uscito nei paesi di lingua spagnola, lei ha detto che era la storia di "due meravigliosi perdenti. «I perdenti hanno "più carne", cioè sostanza, sono quelli i personaggi che ci ricordiamo. Don Chisciotte e Sancho Panza, ad esempio. La letteratura è il paradiso dei perdenti». I giornali di lingua spagnola all'epoca hanno dato del vostro libro diverse definizioni: romanzo picaresco, girandola di situazioni divertenti, parodia del genere epistolare. Lei come lo definisce? «La migliore definizione l'ha data un critico argentino dicendo che il libro era "il massimo esempio di surrealismo esperpentico patagonico"». Se è per questo, oltre a Valle Inclàn avete detto di esservi anche rifatti all'umorismo del gruppo argentino "Les Luthiers" e agli inglesi Monthy Python. Non le sembrano riferimenti culturali troppo distanti dal pubblico italiano? «Il modo di scrivere di Valle Inclàn (poeta, narratore e autore teatrale nato in Galizia nel 1866 e morto nel 1936 n.d.r.) era una maniera di reagire di fronte alle cose, grazie ad un senso dell'umorismo davvero "acido". Ma voglio dire che quando si scrive non si pensa mai come voler conquistare un pubblico, si scrive e basta: quello che poi accade è tutto un mistero. E poi a Mario e a me interessava mettere in campo il nostro universo culturale in comune, che è quello del nostro cinema, della cultura sudamericana». Tra «le chiavi» del libro l'umorismo ma anche l'ironia. «Giusto. Perché l'humor ha sempre avuto una sua componente di critica della realtà, e perché non esiste nulla di più sovversivo dell'ironia che, a differenza del sarcasmo, è un esercizio di immaginazione. Il sarcasmo è crudele, vile e codardo. Il risultato è stato quindi una

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