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Luigi Magni si sfoga «Cinema e Tv si sono dimenticati di me»

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IL REGISTA «DISOCCUPATO»

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Per il grande schermo, invece, l' ultima pellicola, «La carbonara», risale al 1999. Oggi Luigi Magni, glorioso regista della nostra cinematografia, si definisce un disoccupato che continua a presentare progetti per il piccolo ed il grande schermo senza mai ricevere riposte affermative. È un Magni desolato ma non abbattuto, desideroso ancora di lottare, a parlare delle traversie della cinematografia italiana e della Tv da cui si sente escluso, dopo una carriera iniziata nel 1968 e caratterizzata da pellicole come «Nell'anno del Signore» e «In nome del Papa Re», dedicate a Roma ed alla sua storia colta. Come spiega la mancanza di interesse nei suoi riguardi? «Premetto di non aver mai avuto preconcetti ideologici. Ho costruito insieme agli altri colleghi della mia generazione un cinema libero che ha affrontato argomenti importanti e comici ma non è mai stato un cinema comunista. Attualmente ho presentato una serie di progetti sia alla Rai che alla Medusa. Ma è un continuo procrastinare risposte e decisioni che credo, non si vogliono prendere. I motivi non li conosco. Forse c'è qualche preconcetto nei miei riguardi o forse si ritiene che i film in costume siano troppo costosi». Eppure in Tv la fiction in costume sembra dominare «Lei me la chiama fiction quella che va in onda? La fiction è invenzione, fantasia, costruzione di storie valide di interesse generale. Io non voglio giudicare l'operato di tanti colleghi che lavorano in Tv per sopravvivere. Ma il nostro era un altro modo di intendere il racconto, non andavamo certo a raccattare per strada banalissimi spunti da riaggiustare alla meno peggio per la Tv o per il cinema». Anche lei concorda sulla difficile situazione che vive la cinematografia made in Italy. «Il nostro cinema è defunto in queste condizioni. I grandi produttori sono scomparsi. Quelli che restano sono gli avanzi di un cinema finanziato dallo Stato. Troppo spesso la realizzazione di pellicole dipende dai finanziamenti pubblici che impongono tagli, tempi e modalità di lavorazione estranei al mio modo di lavorare». Lei, però, continua a raccogliere riconoscimenti. «Il solo riconoscimento al quale adesso miro è che il piccolo ed il grande schermo si ricordino di me. Il mio rispetto per il cinema di qualità mi ha indotto a disertare le sale, a rifiutare di far parte dei David di Donatello trasformati in una vera e propria americanata con tutte quelle candidature per ogni pellicola». Attualmente sono gli americani a monopolizzare il nostro mercato cinematografico. Non crede? «Detesto il cinema americano di qualsiasi genere, incapace di proporre storie valide». Ma anche ai suoi tempi si parlava di crisi del cinema. «Era una crisi competitiva che aiutava a formare idee e tendenze. I western all'italiana di Sergio Leone che per i cow boy si ispirava ai bulli romani, sono considerati dagli americani la più efficace satira del loro genere western». Che tipo di telespettatore è Luigi Magni? «La Tv di oggi è noiosa e ripetitiva. Riesce solo a stancarmi».

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