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«L'oscurantismo soffoca il nostro modo di vivere»

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Quello di una satira estranea a ogni forma di omologazione e "industrializzazione. Ma la presenza più preziosa è stata quella della Signora dello spettacolo, Franca Valeri. La sua signorina snob oggi sarebbe diversa? «Tutti i personaggi che ho creato, seguendo anche i tic del momento, restano immutabili. La signorina snob, come tipo umano, è sempre quella». Tra i suoi film, quali predilige? «"Il segno di Venere" e "Il vedovo" sono due fra quelli che ricordo con più piacere, sono dei film che restano,ma anche "Parigi o cara" era un film abbastanza nuovo a modo suo, sostanzialmente malinconico, Il vedovo invece è un piccolo capolavoro del cinema italiano di quel tempo». Com'era il suo rapporto professionale con Alberto Sordi? «Era magnifico, bravissimo, molto professionale, molto sobrio anche se non sembra così. Con lui si recitava bene, non invadeva, poi si è stabilita un'amicizia e abbiamo fatto tanti film insieme». Con la Loren e De Sica? «Con lei ho fatto solo Il segno di Venere. Era una ragazza piena di talento, simpatica, bonacciona, era molto presa dal suo legame con Ponti che non era stato ancora consacrato. De Sica era il mio idolo. Oltre a essere un grandissimo attore, l'unico vicino al quale posso dire di avere imparato qualcosa, perché trasmetteva tale padronanza del mezzo che era impossibile non essere presi, aveva una grande simpatia e umanità. Mi ha trasmesso molto, io non credo nei maestri delle scuole, lui invece era capace di indurti a stargli vicino, a seguirlo. La Loren ha imparato a recitare da lui: la plasmava». Un'opinione sulla situazione attuale dello spettacolo? «Chi ha vissuto gli anni Cinquanta ora non crede ai suoi occhi. Non ci si aspettava, dopo quella guerra e il dopoguerra così fertile di speranze, di andare verso questo oscurantismo. C'è una dispersione del costume italiano. Anche le tradizioni non sono spregevoli, sono importanti, se poi si ha la genialità di reinventarle. Ma purtroppo oggi, questo si vede anche nel teatro, non ci sono testi nuovi perché non ci sono idee nuove su quello che siamo adesso». Come considera la comicità di Franca Valeri? «Improntata sicuramente sull'ironia. Ci sono state punte più alte, atrove, ma sicuramente la mia comicità è stata sempre conscia di essere stata un mezzo importante. Penso che questo ridere di adesso sia così fine a se stesso, nel modo più piatto che mi dà noia». Un bersaglio della sua comicità oggi? «C'è l'imbarazzo della scelta. Molti dei miei personaggi non li ho meditati, me li sono trovati in testa. Sono sempre stata curiosa dei miei simili». Il personaggio da lei creato e interpretato che più ha amato? «Li amo tutti, non sono mai riuscita a fare delle scelte in quello che amo, tante volte mi chiedono quale opera preferisco, ma non posso dirlo, ne amo talmente tante. Così sono affezionata a tutti i miei personaggi». Quale mezzo preferisce? «Senz'altro il teatro». Un consiglio a un giovane che voglia intraprendere la carriera dell'attore? «L'importante è che faccia un buon esame di coscienza dei suoi mezzi. Non è una carriera che può risolversi in qualche modo, è molto difficile. Deve essere sicuro di volerla fare. Ci sono sintomi avvertibili dentro di sé, non si può dire "tento di far l'attore", bisogna aspirare a farlo. Essere coscienti che ti interessa, che hai delle possibilità, che hai il desiderio di trasmettere qualche cosa. Perché io ci ho meditato molto, ho sempre desiderato molto di fare l'attrice, di fare il teatro, di scrivere. Però quelli, tra i giovani attori oggi che si distinguono, sono molto particolari, più dei nostri. D'altronde la cultura é la salvaguardia di tutto. La vera scuola deve essere questa. Io sono circondata da giovani, non ho più amici vecchi, alcuni sono morti, gli altri mi annoiano». Una passione? «La musica. E non posso fare a meno di dire Verdi. Ma ci sono stati nel passato tali cervelli! Forse la vita era meno tortuosa, meno dispersiva di oggi».

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