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Gli uomini che si sono spartiti il mondo amavano la sregolatezza e i gusti forti

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Quando, negli anni precedenti, Adolf Hitler aveva cura della propria persona, esitava a farsi vincere dalla gola. Albert Speer, l'architetto del regime, racconta che cosa accadeva: «Che c'è di buono oggi? Il Führer non può mangiare tutto quello che vorrebbe, Detto questo, consultava a lungo la carta e sceglieva ravioli». Walter Schellenberg, ammesso alla corte hitleriana, notò che il Führer, convinto vegetariano, mangiava in fretta e con poco stile, divorando pannocchie e granturco irrorate di burro fuso e frittelle viennesi, con uva, zucchero e salsa dolce (in fatto di gusti, era rimasto austriaco). Se c'era una cosa che accomunava Hitler a Stalin, era il tempo che trascorrevano a tavola. Si conversava, è vero, del più e del meno e si «faceva politica»: ma pranzare con Hitler significava non alzarsi prima delle quattro e mezzo di pomeriggio, mentre una cena al Cremlino durava normalmente sei e più ore, fino all'alba. Faceva le ore piccole anche Winston Churchill, la cui giornata iniziava immancabilmente allo stesso modo. Avvolto in una vestaglia orientale, su cui spiccava un drago scarlatto, adagiato su una pila di cuscini, lo statista inglese consumava a letto la prima colazione. Ma se ci si dimenticava della marmellata di ciliege nere, «Winnie» rimaneva lì imbronciato, rifiutando di toccare alcunché dal vassoio, finché non gliela portavano. L'appetito di Churchill era proverbiale. Durante le traversate dell'Atlantico in aereo, chiamava il cameriere e gli diceva: «Con i fusi orari l'orologio fa strani scherzi: il mio orologio è lo stomaco, e io mangio ogni quattro ore». Nel sangue del discendente del duca di Marlbourgh c'era sempre un po' di alcool, tra scotch, brandy e champagne che Churchill si serviva generosamente nell'arco della giornata. Stalin, Molotov, Voroscilov, Mikoyan e gli altri componenti della «Nomenklatura» sovietica, divoravano porcellini da latte, alternando vodka bianca e vodka gialla, servita in caraffe nelle quali galleggiavano grossi baccelli di pepe rosso. «Era come bere pepe di Caienna liquido», confessavano sgomenti gli ospiti occidentali del dittatore georgiano. Milovan Gilas notò che «Stalin ingeriva quantità di cibo che sarebbero state enormi anche per un uomo molto più grosso di lui: di solito sceglieva carne, rivelando in questo le sue origini montanare». Il dirigente comunista jugoslavo venne canzonato da Stalin, quando chiese della birra: «Ecco là Gilas che beve birra come un tedesco, proprio come un tedesco». L'unica volta che Hitler bevve una bevanda alcoolica fu in occasione della occupazione di Praga (15 marzo 1939), quando, in segno di trionfo, tracannò d'un fiato un piccolo boccale di birra nel castello Hradcany. E Mussolini? Vegetariano, come il collega tedesco, prediligeva le minestre e gradiva i «cappelletti» fatti in casa, nelle festività raccomandate. Al Brennero, in un incontro con Hitler, fece servire gnocchi alla romana, a base di semola. Decisamente, erano palati «difficili» quelli dei due capi dell'Asse. Il Duce non beveva alcoolici e raccomandava a tutti di bere acqua fresca. Convinto di avere un'ulcera allo stomaco (non era vero), sostituì il latte al caffè di cui era ghiotto, al punto da viaggiare con un termos a portata di mano. Fu rozzo e violento con le donne Stalin (la seconda moglie si suicidò); «riservato» in modo sospetto Hitler (che ebbe come amante anche una nipote); Mussolini, invece, le donne le possedeva sul tappeto, nella sala del Mappamondo, o su una trapunta sotto le finestre che si affacciano su Piazza Venezia! Hitler, indisse una era e propria crociata contro il fumo e Mussolini (al pari di Lenin) non fumava e non consentiva che altri lo facessero in sua presenza: chiese nervosamente una sigaretta soltanto una volta, durante la partita di calcio Italia-Inghilterra, in un momento in cui le sorti della squadra italiana erano in pericolo. Il tabacco (sig

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