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«La mia musica contro gli snob»

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Napoletano, sprigiona napoletanità in ogni nota. Eppure è tra i pochi cantanti a riempire gli stadi in tutta Italia e anche all'estero. Sicuramente merito della sua melodia capace di regalare emozioni a tutti. Semplice, popolare. È forse questa la chiave del suo successo. Ma anche il pretesto per alcune critiche malate di snobbismo, e anche di tanta invidia nei confronti di chi sa parlare al pubblico di tutte le latitudini, di chi sa farsi capire senza pretendere di cambiare il mondo con le sue canzonette. Non sempre l'ermetismo nasconde pensieri profondi o forti sentimenti talvolta è solo un pretesto. E D'Alessio, pur forte di una buona preparazione musicale, sa rinunciare a tanti artifici per parlare al cuore dei suoi fans. E ci riesce a Napoli, come a Milano e Roma. Ad accompagnarlo in questa avventura capitolina, per due lunghe ore, ci saranno, i ragazzi della trasmissione televisiva «Campioni», la sua pupilla Anna Tatangelo, i «compaesani» Sal Da Vinci e Gigi Finizio e il giovane Luca Di Risio. Assente, dell'ultima ora, ma giustificato, per impegni fuori dalla penisola, Lucio Dalla. Con una grinta dettata dagli anni di gavetta trascorsi nei vicoli partenopei, l'autore ancora una volta ha sottolineato come non ci sia stato, rispetto ad altri colleghi, l'apporto dei grandi mezzi di comunicazione nella scalata al successo, ma soltanto il suo sorriso che conquista con le sue storie raccontate con passione. «Ho partecipato a molte trasmissioni televisive che hanno accresciuto la mia popolarità. Ma continuo a credere che il mio successo abbia avuto un percorso artistico contrario a quello a cui assistiamo abitualmente oggi. Nel senso che, ad un certo punto, ho costretto io i media ad occuparsi di me e non il contrario. Come quando loro costringono milioni di giovani ad interessarsi di qualcosa o di qualcuno». Come giudica le trasmissioni televisive dove si da per garantita la nascita di una nuova stella della musica o dello spettacolo? «Sono la fabbrica delle illusioni. Ma la colpa, se di colpa si può parlare, non è degli autori di questi programmi. Una grande responsabilità ce l'ha specialmente, nel campo musicale, la tecnologia. Oggi chiunque con una tastiera e un computer, può fare musica. Non voglio fare della stupida retorica, ma ai nostri tempi che eri bravo te lo doveva dire il tuo professore di Conservatorio dopo almeno cinque anni che suonavi, per otto ore al giorno, il pianoforte». Non abbiamo parlato della stampa? «Io non ce l'ho con la critica in generale. Chiunque è libero di scrivere che non gli piaccio, ci mancherebbe. Io ce l'ho con quei critici che non ascoltano i dischi, che non capiscono nulla di musica e che sentenziano perché i gusti musicali sono una cosa, la realtà oggettiva è un'altra: non possono scrivere che le canzoni sono scritte male. Prendiamo uno spartito. Mi dimostrino che quell'accordo di "fa" non sta bene con un "do diminuito". Io parlo senza fare del vittimismo, ma la verità è che sono il bersaglio di uno snobismo diffuso imparentato con una buona dose d'invidia».

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