
di ENRICO CAVALLOTTI «FIDELIO, o L'amore coniugale» di Beethoven è l'opera di teatro musicale ...

Ma, di là da ciò, Fidelio è un capolavoro di purissima essenza poetica, che travalica i secoli e le epoche storiche: fra i capolavori assoluti, accanto a quelli di Mozart e di Wagner, lungo l'egemonica direttiva austro-tedesca, che succedette all'italiana dei defluiti secoli. Rappresentare il «Singspiel» beethoveniano è di per sé un merito che un teatro d'opera acquisisce di diritto: non solo per l'eticità severa e nobile che la scelta denunzia, ma anche, e sovrattutto, perché l'opera in questione non è fra le popolari: non soddisfa ai palati piú rozzi che si beano di cabalette e romanzette (d'altronde, l'arte alta non è mai stata né mai sarà popolare), ed il botteghino se ne lagna: assai. Non solo in Italia «Fidelio» non è diffuso, ma neanche in Germania, essendo tutto il mondo globalizzato, ahinoi! sulla china del peggio. Tanto piú allora loderemo la rappresentazione che del cimento beethoveniano è stata data al «Carlo Felice» di Genova, e senza soverchî clamori: piuttosto previlegiandosi dalla Fondazione genovese la delicatezza, l'impegno artistico e la profondità rituale dell'evento (per cui Fidelio è una sorta di padre al Parsifal, considerato che se Parsifal è «rito» radicalmente teutonico, «Fidelio» lo è largamente europeo). Lorin Maazel, si sa, non è punto direttore estuoso: lo guida un senso della misura impeccabile, un controllo calvinistico del pathos applicato vuoi a «Carmen» vuoi a «Pelléas», dunque anche a «Fidelio». Una lezione rigorosa e calibrata, la sua, paradigmaticamente fusa alla regía sobria e incisiva di Georges Lavaudant, sostenuto dalla grigia scena carceraria di Gianni Quaranta e dai costumi quasi atemporali di Vergier. Per loro non è stato arduo guidare un irreprensibile cast vocale alla conquista della meta poetica: si citino almeno Anat Efraty, Stuart Skelton e Maria Ronge (nella foto) e Matthias Hölle. Eccellente l'Orchestra genovese ed affascinante la prova del Coro istruito da Norbert Balatsch. Consensi plebiscitarî, com'era giusto ed ovvio che avvenisse.
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