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Ucciso da un esaltato o da un uomo dell'Fbi?

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Dopo mezzogiorno lo avvicinò e gli chiese di firmare una copia di quel suo album appena uscito, "Double Fantasy". Otto ore più tardi era ancora lì. John Lennon stava rincasando assieme a Yoko Ono. Mark David Chapman gli sparò a bruciapelo, posò la pistola in terra e attese che lo arrestassero. Quando gli fu chiesto perché lo avesse fatto, l'uomo rispose che: «mi sentivo un signor nessuno, ma non ho fatto niente di speciale, anche uno scimpanzè sarebbe riuscito a beccarlo». Chapman è sempre stato ritratto come il prototipo del fan esaltato, quello che passa alla storia non solo per possedere l'ultimo autografo (che poi si rivelò essere il penultimo: quello "buono", offerto a un altro ammiratore, sarà messo all'asta per 375mila dollari), ma anche il destino dell'ex Beatle. Ma secondo alcune ricostruzioni, l'omicida sarebbe stato un fantoccio nelle mani dell'Fbi, il classico killer "un po' spostato" alla Oswald. Sin dai tempi delle manifestazioni anti-Vietnam i Federali avevano nel mirino Lennon, progettandolo di arrestarlo per droga o di non rinnovargli il visto. Nel 1972 un file del Bureau descriveva esplicitamente le strategie per fermare il musicista, sospettato (a torto, come si seppe solo dopo la sua morte) di finanziare un'organizzazione pacifista in procinto di boicottare l'imminente Convenzione Nazionale Repubblicana. Quella che candidò Nixon per la Presidenza.

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