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La surriscaldata sferza di Prokof'ev

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Però, in compenso, chissà che bell'esecuzione wagneriana sortirà dall'indefesso lavorío entro l'opificio! Per tornare a cecio, o sia al concerto in questione, s'osservi che il pubblico convenuto sabato al Parco della Musica era di numero piuttosto contenuto: sarà stata la minaccia del tempo crudele che minacciava di picchiare alla forsennata l'Urbe e chi l'abita? o saranno state le musiche in programma discare all'uditorio quirite? Queste musiche, ancorché non supersublimi, non erano malvage: i «Lieder eines Fahrenden Gesellen» per baritono e orchestra di Mahler e la tonitruante «Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore op.100» di Prokof'ev. Vero si è che il direttore di turno, l'estone Paavo Järvi, non c'è sembrato contare fra le sue piú pregiande note interpretative il gusto per la raffinatezza ed il trascolorare della tavolozza timbrica (vedi Mahler) né l'ineludibile senso dell'ironia e del grottesco che d'un tratto erompe da un'acre terra e invade, aizza, eccita, percuote e giustifica la succitata Sinfonia prokofieviana. Allo Järvi, semmai, importava, in Mahler, accordare la voce coll'orchestra, la quale talvolta la copriva, ma poco male giacché non sempre la voce (di Bo Skovhus, noto danese) meritava d'esser scoperta, massime nel registro acuto. Ed altresí importava allo Järvi far rivista d'effetti e di pompierismi e di rettorica reboante, in Prokof'ev, che in un certo acme sonoro abbiamo paventato l'intorcinamento ed occlusione dei nostri antiquarî e lisi condotti uditivi. E. Cav.

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