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Il Bel Paese ritrova le cinquanta sale del Castello estense

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L'interno era occupato dagli uffici della Provincia e della Prefettura, e soltanto due anni fa erano state aperte al pubblico otto sale al pianterreno. Ora finalmente, dopo lo sgombero degli uffici e dopo quattro anni di accurati restauri, saranno visibili quaranta sale che diventeranno cinquanta (ossia l'intero Castello) con la fine dei lavori. È un evento di grande rilievo in programma per il 14 marzo, arricchito da una affascinante mostra d'arte. Il Castello è il cuore di Ferrara, di cui ha influenzato lo sviluppo urbanistico, dal centro alla cinta muraria. Originariamente fortezza, è diventato poi palazzo di corte degli Este, che vi hanno celebrato i loro fasti. Con loro Ferrara è diventata una capitale del Rinascimento artistico e letterario: qui la pittura italiana ha assunto una particolare inclinazione verso l'enigma, il simbolismo ispirato ai miti classici, l'astrologia; qui si trovava il crogiolo della poesia epica italiana, con «L'Orlando innamorato» di Boiardo, l'«Orlando furioso» di Ariosto, la «Gerusalemme liberata» di Tasso. Grandi mecenati, gli Este compirono la loro personale opera d'arte abbellendo costantemente il Castello, concepito come una città armoniosa, come un luogo di delizie con giardini segreti, terrazze, teatri, palestre, senza trascurare le prigioni sotterranee e le cucine dove fu teorizzato ed elaborato il «banchetto di corte» che rese famose nel mondo le mense principesche italiane. Ora il nuovo allestimento, curato dall'architetto Gae Aulenti, narrerà e illustrerà sala per sala tutta la storia del Castello, dalle origini alla modernità. Forse gli ambienti più curiosi sono la saletta e il salone dei Giochi, di cui rimangono sulle volte gli affreschi che si ispirano al trattato «De arte gymnastica» del medico padovano Gerolamo Mercuriale, il quale a sua volta rielaborava l'interpretazione vitruviana delle palestre greche. Qui l'architetto Aulenti ha avuto una bella idea, posizionando a terra degli specchi che riflettono e ingrandiscono le immagini del soffitto molto alto. Purtroppo, in seguito alle vicissitudini storiche, tutte le ricchezze artistiche che si trovavano nel Castello ai tempi d'oro sono andate disperse in collezioni e musei italiani e stranieri. Ma in occasione della riapertura sono state per la prima volta riunite a Ferrara oltre centocinquanta opere del Rinascimento estense, fortunatamente già raccolte in una precedente mostra a Bruxelles che inaugurava le manifestazioni di Europalia. I dipinti esposti adesso nel Castello comprendono non pochi capolavori, di Tiziano, Dossi, Mantegna, Garofalo, Cosmè Tura, Ercole de' Roberti; una raffinata rarità è il ritratto di Torquato Tasso ventiduenne, eseguito dal Bassano. Anche la scultura è splendidamente rappresentata dai marmi che Antonio Lombardo scolpì per i «Camerini d'alabastro» di Alfonso I d'Este, conservati all'Ermitage di San Pietroburgo, al Louvre e nella collezione del Principe di Liechtenstein. Essi, temporaneamente riuniti negli ambienti dove videro la luce, costituiscono un insieme maestoso, una specie di università per lo studio del ritorno rinascimentale all'antico. L'evento ferrarese è stato presentato ieri, al Collegio Romano, dal ministro Urbani che ne ha giustamente sottolineato l'importanza, inserendolo nell'attuale «momento magico» dei Beni culturali italiani, insieme con l'inizio dei lavori per il raddoppio degli Uffizi, la mostra del Perugino in corso in Umbria, l'imminente esposizione celebrativa di Botticelli a Firenze, la futura mostra sui rapporti artistici fra l'Italia e la Russia. Davvero un bel calendario.

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