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L'Alighieri? Un bravo detective

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Thriller e letteratura si fondono grazie alla mano esperta dell'autoreUn romanzo che avvince e coinvolge. Mentre il sommo poeta è alle prese con efferati omicidi continua il faticoso lavoro attorno alla sua Commedia

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«I delitti del Mosaico» è tutto questo e altro, è un romanzo che avvince e coinvolge, sicché il successo di lettori dovrebbe essere assicurato, anche per via della mano sicura dell'autore, che lavora sulla pagina con comprovata esperienza. Siamo dunque nella Firenze del 1300, Dante ha trentacinque anni, sta per diventare Priore della città per i successivi sei mesi, e ai piedi di un gigantesco mosaico incompiuto un uomo viene ucciso in modo orribile e irripetibile. C'è quanto basta per attivare i servizi segreti dell'epoca (deviati anche allora?), ed ecco il Divino Poeta — autore del massimo trattato di criminologia mai scritto, vale a dire l'Inferno — attivarsi immediatamente con il calore e la partecipazione del primo incarico pubblico. Deve andare a frugare nella polvere di una città all'apparenza dedita soltanto al culto dell'arte e della letteratura, e che invece pesca nel torbido di una periferia crudele e inquieta. Naturalmente quando si va in certi ambienti, le notizie vanno prese con le molle, anche perché gli elementi fuorvianti, i depistaggi, come si dice, sono tanti e ben pilotati. Insomma, le risposte sono rare e poco controllabili. Forse, l'elemento-chiave della vicenda è una danzatrice, Antilia, che sa molte cose, ben celate dietro l'affascinante velo che copre la sua invadente bellezza, e anche di una nobilità antica e austera che le conferisce sicurezza e sussiego. Leoni lavora anche di fantasia, non soltanto costruendo falsi indizi, ma inventandosi anche un Terzo Cielo che ben poco sembra avere di paradisiaco e molto invece di setta segreta che copre e depista. Il poeta sta andando fuori strada e se ne accorge, e quando sente bussare alla porta, in piena notte, e pronunciare il suo vero nome, Messer Durante, si rende conto che non più il ruolo del poeta che gli viene richiesto, bensì quello dell'indagatore: «Dante Alighieri si morse le labbra, incerto sul da farsi. San Pietro avrebbe dovuto essere vigilato, soprattutto di notte, dalla guardia della Prioria. La cerimonia in cui era stato investito della carica di priore era appena terminata, e già quei cialtroni tradivano?». Per lui, inesperto del tutto di delitti, è una bella rogna, appena insediato nella stanza del potere. È anche vero che ha già cominciato a scrivere la «Commedia», è alle prese con l'Inferno, il più grande trattato di criminologia mai scritto, oltre a tutto il resto ovviamente nel mare della letteratura in quanto tale: come non bastasse, è un tipo poco paziente, e chi legge i suoi versi, i suoi scontri con dannati per i quali nutre un antico e inesausto disprezzo, sa bene cosa intenda per verità, qualcosa che sta al di sopra di tutto, e va cercata ad ogni costo per poi affrontare la battaglia in piena regola, senza indugi pericolosi. Tutt'intorno alla vicenda, della quale il lettore, adesso, non deve apprendere le conclusioni, ecco una Firenze ricostruita con molta attenzione e ben accentuato colore dallo scrittore, che si avvale di colorature fosche e impenetrabili, per accrescere il mistero degli accadimenti, ma anche per offire al lettore la suggestione di una città irripetibile, immersa in una lotta senza quartiere fra le fazioni che si giocano il pot

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