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di PAOLO CALCAGNO SONO appena arrivate sugli schermi le meraviglie dell'anno, forse del secolo, ...

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Pare impossibile, se si pensa a quanta sofisticata tecnologia è già scesa in campo. Un esempio per tutti. Per realizzare la scena finale di «Matrix» - il pugno di Neo al Grande Avversario - hanno lavorato dodici persone per tre mesi e mezzo. E la sequenza dura soltanto venti secondi. Eppure l'impero della tecnologia applicata alla visione è pronto a stupirci ancora di più. E ad emozionarci ancora di più. Al grande show internazionale delle immagini digitali, il Festival Imagina di Montecarlo, appena conclusosi, i segnali della corsa inarrestabile degli effetti visivi generati al computer sono stati forti e chiari. Il Luna Park in bit e pixel di ieri ha trovato i suoi autori e, soprattutto, il suo mercato. Così che, oggi, l'intera società è invasa e si articola sui concetti di spazio e tempo imposti dalla frontiera digitale: dai telefoni cellulari alle fotocamera, dai video-games a Internet; ed è così che persino il nostro immaginario è sempre più sollecitato e influenzato da contenuti, personaggi, storie, comunicazioni, strettamente legati alle tecnologie avanzate. E, restando all'immaginario, le sorprese in cantiere nei superlaboratori a 3d degli Studios di Hollywood sono quasi pronte a uscire sugli schermi di tutti il mondo. Due titoli su tutti hanno attirato l'attenzione a Montecarlo, «Shrek 2» di DreamWorks e «The Incredibles» di Pixar, mentre i francesi si preparano a spedire nelle sale le magie degli effetti speciali di «Blueberry» e di «Les Immorteles». Secondo i rigidi, fin troppo rigidi, criteri americani, ogni particolare sulle due novità in uscita a giugno e novembre negli Stati Uniti è rigorosamente blindato da un inaccessibile top-secret. E, tuttavia, Shelley Page di DreamWorks e Victor Navone di Pixar qualcosa hanno rivelato sul seguito dell'Orco verde più amato del pianeta e sui nuovi eroi, eredi dei giocattoli di «Toy Story», il primo cartone della generazione elettronica (ma come non ricordare la rivoluzione di «Chi ha incastrato Roger Rabbit), e dei pesci di «Nemo», il successo dell'animazione al passaggio tra 2003 e 2004. «È un periodo molto importante per l'animazione, già da quindici anni a questa parte - ha osservato Shelley Page, fra i responsabili del progetto Shrek - Come artista, come disegnatrice, sono legata alla pratica manuale e preferisco usare matite e pennelli. Con, Shrek, però, l'esperienza è stata quanto mai eccitante, per la prima volta abbiamo realizzato un'opera interamente al computer ma basandoci su impostazioni tradizionali del disegno. Da «Ants», la pellicola celeberrima sulle formiche, meglio, sul mondo formato-formica, in poi, alla DreamWorks preferiamo puntare sulla commedia, su storie e personaggi imbevuti di un umano senso dell'humour. E questo estende il nostro pubblico anche ai più adulti, non solo ai giovanissimi, come forse accade con Pixar o Disney». Un senso dell'humour che ritroveremo anche in «Shrek 2»? «Nel disegno animato a mano, forse, c'è più poesia, ma la grande sfida dell'animazione digitale sta nel caricare di personalità i personaggi. E questo è il caso di Shrek. Nel sequel abbiamo arricchito così tanto i personaggi, li abbiamo resi così divertenti e irresistibili in modo da centrare le aspettative della gente. In Shrek 2 abbiamo anche aggiunto il nuovo fantastico personaggio Pussing Boot, recitato meravigliosamente da Antonio Banderas». E che la poesia e la tecnologia possano andare a braccetto senza problemi di sorta, raccontando storie eccitanti e/o commoventi, l'ha dimostrato anche il film «corto» tedesco interamente realizzato al computer «Annie & Boo», di Johannes Weiland che ha ricevuto dal Principe Alberto di Monaco la prestigiosa «teiera» del Grand Prix di Imagina. Per Victor Navone (chiare le origini italiane) è stato fin troppo facile celarsi dietro lo scudo dell'artista «che non sa niente del livello mana

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