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LA PRESENZA dell'insenatura era già stata individuata, ma solo oggi, dopo le ultime scoperte archeologiche ...

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È il porto di Neapolis, saltato fuori, insieme con una nave antica, nello scavo della stazione di piazza Municipio le cui vestigia sono emerse dal passato, dal II secolo dopo Cristo in piena età imperiale romana. La scoperta, annunciata nei giorni scorsi, ieri è stata mostrata per la prima volta ai non addetti ai lavori e al sindaco di Napoli, Rosa Iervolino Russo insieme con due altre testimonianze della Napoli antica: un edificio pubblico, anche esso di età imperiale, e una fontana (questa del 1200) emerse da un altro scavo della metropolitana, quello di piazza Nicola Amore. Intanto mentre si è scavato, e si scaverà ancora, per riportare alla luce le inedite vestigia della Napoli romana, sono ripresi anche gli scavi per ricostruire la memoria e il profilo delle gradinate dell'immenso teatro romano (dove si esibì Nerone nel 63 dopo Cristo e dove nemmeno un terremoto riuscì ad interrompere i suoi versi declamati davanti a decine di migliaia di spettatori) seppellito dalle stratificazioni del centro antico, con un progetto finanziato da quattro milioni di euro. Ma è il porto romano, di piazza Municipio, a suscitare l'interesse degli studiosi coordinati dal Soprintendente per i Beni e le Attività culturali della Regione Campania, professor Stefano De Caro. «Scoperte che erano state previste - dice De Caro - allorquando si è scavato per i lavori della metro e sarebbero state impossibili da effettuare senza i lavori stessi». Il livello venuto alla luce in piazza Municipio risale al II secolo dopo Cristo: l'area - lo scavo della stazione - è una zona fangosa dove si scorge il profilo della antica barca affondata che sarà portata alla luce interamente entro sei mesi. Tutt'intorno si scorgono piloni di legno evidentemente di approdo del porto, perfettamente conservati (come lo è il fasciame della barca, spiegano gli archeologi, custodito dal fango) e infine la linea di approdo disseminata di cocci di anfore e vasi. «La speranza - spiega De Caro - è quella di scendere di livello, di arrivare a scavare in profondità e andare indietro nel tempo».

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