Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

PRO BUSH

Esplora:
default_image

Una nazione in guerra per il bene di tutti

  • a
  • a
  • a

Alcuni hanno proclamato la loro acrimonia, altri hanno usato toni più pacati ma speravano che, prima, l'Iraq resistesse, e dopo che Saddam sfuggisse per sempre alla cattura e organizzasse la rivincita. Catturato Saddam, mi dispiace per gli antiamericani, e specialmente per i miei vecchi amici Franco Cardini e Giano Accame dei quali non riesco a condividere l'insofferenza per il nuovo scenario che sta emergendo in Occidente. Cardini e Accame dovrebbero ricordare un'osservazione di Drieu La Rochelle: la società si regge sulla disposizione di alcuni a versare il loro sangue per la sicurezza degli altri. Questo principio vale anche e soprattutto nell'ordine internazionale. E qui l'Europa mostra di non essere all'altezza della sua intenzione di rappresentare un polo, se non antagonista, almeno paritetico nei confronti degli Stati Uniti, riparandosi dietro il dito dell'Onu, quando è noto che l'Onu non ha mai risolto nessuna crisi grave senza l'aiuto dell'esercito americano. Gli europei sono incapaci di costituire un potente contingente militare comunitario, non ne hanno la forza né la convenienza perché sanno che l'America è disposta a combattere generosamente per tutti. Fortunatamente l'Italia non appartiene alla cerchia europea dei pusillanimi e profittatori; si è impegnata virilmente, ha subito sacrifici cruenti. Oggi, in ambito mondiale, soltanto due grandi potenze sono pronte a versare il sangue: l'Islam con la grande rete dei terroristi e dei kamikaze, gli Stati Uniti con i loro pochi alleati eruopei più coraggiosi. Ma c'è un'importantissima differenza di prospettiva: il terrorismo islamico non risponde a un progetto di ordine, è anzitutto distruttivo, nella folle speranza di imporre a tutto il mondo la legge di Allah. Gli Stati Uniti hanno un progetto chiaro e realistico, apertamente svelato: ristabilire l'ordine mondiale, liquidare il terrore, portare nelle aree di crisi le libertà civili. Mi sembra evidente da che parte stare. Oltretutto mi pare che gli Stati Uniti si stiano culturalmente e politicamente avvicinando all'Europa (di cui sono figli), a un'Europa ideale e storica che non dimentica se stessa. La formulazione, lo svelamento e lo svolgimento di un progetto che può definirsi imperiale sono un prodotto del pensiero neoconservatore che ha molte analogie con le idee della Rivoluzione conservatrice europea, coltivate nel periodo fra le due guerre. Sorprendentemente, il pensiero neoconservatore sta permeando gli ambienti che contano culturalmente e politicamente, dalle università al vertice presidenziale. Un altro elemento, da non sottovalutare, pur esso di derivazione europea, è la profonda religiosità che si manifesta anche nelle dichiarazioni ufficiali del Presidente. Mentre l'Europa contemporanea compie un misfatto storico cancellando dalla sua nuova Carta il richiamo alle radici cristiane, l'America non rinnega e anzi ravviva queste radici che dettero i loro primi, meravigliosi frutti in Europa. L'immagine degli Stati Uniti che io non amavo era l'immagine radical-chic di New York e di Hollywood, culturalmente la più profondamente plasmata dalla storia eupea, che mi piace di più dell'Europa rinnegata di oggi.

Dai blog