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di DARIO ANTISERI LA PROSPETTIVA e difesa nel mio libro è una teoria che sonda, nella scia ...

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È una prospettiva che indaga sulle ragioni della contingenza umana: è razionalismo della contingenza. Non è un altro fondazionismo: non è la dimostrata «vittoria del nulla», del nulla di senso. È piuttosto la lucida consapevolezza che delinea i tratti della contingenza umana. E ribadisce che l'uomo non è capace di costruire assoluti terrestri. La ragione umana non salva l'uomo dall'assurdo. Ma il pensiero che sottolinea questa consapevolezza non è necessariamente un naufragio nell'assurdo. Il senso assoluto della vita, il definitivo riscatto del dolore seminato sui tanti calvari da schiere infinite di uomini e donne non possono essere opera dell'uomo; la salvezza non è una costruzione umana. Ma quel senso che non può essere costruito può venir invocato. E l'invocazione è possibile solo nel mondo della contingenza. L'uomo non è il padrone del senso; è un mendicante di senso. E mai come oggi appare chiaro che «ormai solo un Dio ci può salvare» (M. Heidegger). La richiesta, l'invocazione del senso, non la scalfisce lo scherno del libertino, non la elimina la sicurezza positivistica e materialistica di Moleschott o di Büchner, non la cancella Marx, non la devasta Nietzsche, non riescono a renderla insensata Carnap o Ayer. E, tuttavia, questa richiesta o invocazione di senso ultimo non potrà venire appagata dai testi di Aristotele, non riceve risposta dalla filosofia di Cartesio. Non si placherà dinanzi a nessuna proposta filosofica. La richiesta di un senso ultimo ha vestito i panni del linguaggio della teoria filosofica. La richiesta di un senso ultimo ha vestito i panni del linguaggio della teoria filosofica. Tale richiesta, però, è una dirompente, non di rado tragica, invocazione religiosa. Ed è un'invocazione religiosa perché la risposta in grado di soddisfarla è solo una risposta religiosa. Non ci sono domande di stereochimica e risposte di archeologia. Il senso — ripete Lacan con Freud — è sempre religioso. «Pensare al senso della vita — ha scritto Wittgenstein — significa pregare». «Il senso della vita possiamo chiamarlo Dio». E, prima ancora, Agostino: «Inquietum est cor nostrum donec requiscat in Te, Domine». Ecco, allora, che questo razionalismo della contingenza che mi sento di proporre — come un tentativo di esplorazione che mi tiene impegnato ormai da molti anni — è un pensiero razionale che, facendo proprie le conquiste filosofiche forse di maggior rilievo della filosofia contemporanea, sottolinea lo scacco di quanti hanno voluto sostenere che, in fondo, «homo homini Deus est». E al medesimo tempo non dice affatto che, se l'uomo non è capace di costruire un senso assoluto della vita e della storia, questo senso assoluto necessariamente non esiste e non può esistere. È l'uomo che non è in grado di costruirsi un senso assoluto. Ma questo senso assoluto razionalmente non costruibile può essere invocato. Il «nulla», il nulla di senso, riguarda soltanto il senso umanamente costruibile; non sfiora il senso umanamente, molto umanamente, invocabile. Si tratta in breve di una linea di pensiero che si propone «di risvegliare la disponibilità dell'attesa». Eliminando gli ostacoli sulla strada dell'invocazione di un senso assoluto non costruibile dall'uomo, il razionalismo della contingenza apre lo spazio della fede, libera possibilità di scelta. E l'opzione cristiana non solo è possibile; essa - scrive don Giussani - è anche «estremamente conveniente», conveniente è l'ipotesi che si incontra col desiderio dell'uomo, adatta al cuore e alla natura dell'uomo. Ecco, allora, che l'accettazione da parte dell'uomo del messaggio di Cristo, il «salto nella fede», trova la sua ragione più profonda nel fatto che il Cristianesimo risponde alla «grande domanda», là dove i filosofi hanno fatto fallimento.

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