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La regista premiata dal Grinzane-Cavour per i suoi paesaggi psicologici

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Questa, la motivazione della giuria che l'ha designata vincitrice della II edizione del Premio Grinzane-Cavour Alba Pompeia, organizzato dal Premio Grinzane-Cavour, d'intesa con la città di Alba e il Comitato Alba - Premio Grinzane-Cavour e con il contributo della Fonsazione Cassa di Risparmio di Cuneo. La regista che ha promosso e valorizzato il territorio con i suoi film, racconta come sia difficile riprodurre l'ambiente in una pellicola e cita ad esempio un episodio che le capitò molti anni fa quando doveva girare «Milarepa»: «Raccontare il pensiero orientale, ma soprattutto, ricostruire l'ambiente, inteso nell'accezione più ampia del termine è stata un'impresa molto difficile. Ero andata in Tibet proprio per vivere e "respirare" l'atmosfera, il paesaggio. Guardavo i contadini tibetani camminare sotto il peso delle gerle, con indosso i loro abiti tradizionali, lisi e consumati, ma che emanavano un enorme senso di eleganza e dignità. Era una civiltà medievale, che non riuscivo a cogliere nella sua essenza più profonda. Tornata in Italia, mi sono sentita inadeguata per realizzare questo lavoro, così come si poneva. Perché non sono tibetana. Ho riscritto un soggetto per raccontare la vita di questo mago, poeta, eremita tibetano. Come se lo raccontassi e parlando del Tibet, parlavo di quello che io immaginavo». Il suo lavoro, come dimostra la sua carriera, sempre volto ad affrontare tematiche importanti, in cui trovare spunti di riflessione e punti di vista diversi, lo ha sempre svolto con accuratezza. Per cui quando dovette scegliere i luoghi dove girare Milarepa chiese consiglio a Fosco Maraini, il papà di Dacia, che gli suggerì di andare a vedere alcune zone dell'Abruzzo. Scoprì che aveva ragione. Alcuni luoghi di questa regione rendevano davvero molto bene l'ambientazione che lei desiderava ricreare. Anche Hemingway, in un suo romanzo, aveva scelto un paesino su quelle montagne per dare i natali al suo giovane cappellano, ritenendolo un luogo molto spirituale. Liliana Cavani, tra i suoi tanti film, ha dedicato due opere alla vita di San Francesco. Nella seconda ha scelto Mickey Rourke come interprete, perché «era giusto per quel personaggio. Sono andata a conoscerlo nel New Jersey e abbiamo mangiato una pizza seduti per terra. È stata proprio la sua naturalezza a convincermi che era giusto per quel ruolo. Se pensiamo bene, il santo di Assisi si era preparato a diventare un condottiero, quindi non poteva essere un uomo mingherlino e con poche forze». Per Liliana Cavani, che non pensava di diventare regista, bensì archeologa, il cinema è diventato un mezzo per raccontare le emozioni. Le prossime saranno legate al ricordo di Alcide De Gasperi. La regista, infatti, sta preparando un film per la Tv sulla vita del grande statista democristiano.

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