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di GINO AGNESE «LA GENERAZIONE degli anni perduti», di Aldo Grandi (Einaudi, 351 pagine, 15.

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Una storia scrupolosa, una puntuale ricostruzione non solo dei fatti, ma dell'epoca. Di questo libro - attraverso il quale si può intravedere la condizione culturale dell'intera sinistra di quegli anni - si discusse a La Versiliana quest'estate e fu Mario Bernardi Guardi a intervistare il guardingo Morucci e Lanfranco Pace; il quale, assieme a Toni Negri, Franco Piperno e Oreste Scalzone costituì il vertice non soltanto dell'azione, bensì soprattutto del "pensiero" di OP. Molti, attraverso un'emittente televisiva, hanno potuto ascoltare Pace, sciolto e sequenziale come allora. E che cosa diceva? Diceva «abbiamo sbagliato», ma aggiungeva, quel che più conta, che né lui, né altri della compagnia credevano in ciò che affermavano relativamente ai fatti che sconvolsero il periodo. «Mai creduto - ha detto Pace - che Piazza Fontana fosse una strage di Stato, né che Pinelli fosse stato buttato giù dalla finestra della questura di Milano da Calabresi: e così via». E allora, perché strombazzavano "verità" che segretamente ritenevano sciocchezze? «Perché, se no, avremmo perduto il contatto con le masse; perché, se no, gli operai non ci avrebbero seguiti». La finalità principale era di offrire alle lotte operaie uno sbocco rivoluzionario e ad essa orientavamo la loro condotta, anche accreditando sciocchezze. Ciò che più stupisce è questo: come fu possibile che delle persone che anche allora colpivano per la loro scioltezza d'eloquio e sequenzialità (Sofri, di Lotta Continua, sembrò intelligentissimo alla stampa borghese) potessero credere realizzabile negli anni Settanta una rivoluzione in Italia, per giunta eseguita, come dicevano, dalla "classe operaia"? Era già stato inventato il microprocessore, si era già nel tempo storico che adesso stiamo vivendo pienamente e queste persone tuttora complimentate o ascoltate per la loro (apparente) fosforescenza vivevano un ritardo spaventoso. Un ritardo tale da suscitare sospetti. Per esempio il sospetto che non credessero neppure alla "filosofia" che diffondevano, e che nella mira avessero solo il potere, al quale poi parecchi di loro sono arrivati da borghesi. Posso assicurare che nell'intellettualità di destra si era convinti che le enormità spacciate da OP (come da Lotta Continuità, dai filo-cinesi, da Avanguardia Operaia, etc.) fossero verosimilmente la prova d'una arretratezza; ma fossero forse, piuttosto il segno di una occulta natura artificiale. Mi ricordo che si leggevano, si esaminavano i loro giornali per capire, per trovare qualche spiegazione. E chi era a destra con qualche consapevolezza - questo si deve sapere - temette, certamente, di finire nell'obiettivo di qualcuna di quelle persone, ma non pensò mai, neppure lontanamente, che esse potessero fare la rivoluzione.

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