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MIO COGNATO, di A.

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«LACAPAGIRA» di Alessandro Piva, interpretato da non professionisti che si esprimevano in pugliese stretto, ha avuto, senza riserva, gli applausi del pubblico e i consensi della critica, vincendo anche dei premi importanti. Accadrà, immagino, anche con il film di oggi perché l'impresa è più matura e di respiro più ampio. Si pensa (pensando alla commedia all'italiana) al «Sorpasso» di Risi. Anche lì due uomini diversissimi l'uno dall'altro, anche lì un viaggio in auto. Solo che qui i due uomini sono cognati e il «viaggio» è una scorazzata attraverso la notte di Bari perché a uno, Vito, hanno rubato l'auto mentre partecipava a una cerimonia in famiglia, e l'altro, Toni, scopertamente anche se spesso solo allusivamente collegato con ambienti della malavita, gli garantisce, tramite quelli, che riusciranno a recuperarla. A poco a poco, però, mentre fra i due che non si erano simpatici nasce una sorta di amicizia, risulta evidente che Toni si è macchiato di uno «sgarro». Ma a pagare, come nel «Sorpasso», sarà l'altro. Personaggi saldissimi, specie i due principali analizzati in ogni sfumatura dei loro caratteri opposti, timido, impacciato, quasi dimesso Vito, esuberante, colorato, in apparenza sempre boriosamente sicuro di sé Toni. Mentre attorno l'ambiente notturno di Bari popolato da figuri quando loschi quando solo folcloristici, suscita nell'azione echi che dall'ironia, con segrete allusioni, evolvono verso il dramma. Grazie a musiche d'effetto e a una fotografia virata in seppia. I due sono Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio (nella foto). Difficile dire chi sia il migliore. G. L. R.

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