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«Ti svito le tonsille, piccola!»

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Umorismo paradossale e logica stringente di Carletto Manzoni

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C'è poi un Giacomo, compositore e critico musicale. E c'è l'illustre pittore Piero, autore (in tutti i sensi?) dell'impareggiabile «Merda d'artista». Ma per lui, per Carlo, familiarmente Carletto, non c'è posto tra i Manzoni. Almeno il Dizionario Enciclopedico Zanichelli non ritiene di doverglielo dedicare. Eppure non è una grande invenzione il signor Veneranda? Già, quell'omino impossibile e impassibile che con una dialettica incontrastabile e insopportabile, a colpi di ferrei sillogismi e di stralunati paradossi, spiazza i suoi interlocutori... È un "figlio" di Carletto, il quale è anche padre dell'investigatore privato Chico Pipa e del suo assistente Gregorio Scarta, detto Greg, «il miglior cane poliziotto che esista» (e anche lui gran bevitore di bourbon). Dunque, i nostri due eroi regnano sovrani su una collana di gialli, editi quarant'anni fa da Rizzoli ed oggi introvabili (fiduciosamente attendiamo smentite). La collezione - battezzata «Suspense del riso» - annovera titoli come «Ti spacco il muso, bimba!», «Io, quella la faccio a fette!», «Un colpo in testa e sei più bella,angelo!», «Che pioggia di sberle, bambola!», «Ti faccio un occhio nero e un occhio blu!» ecc. Tanti punti esclamativi per gialli "all'americana", scritti da un italiano che calca i toni, i caratteri, le atmosfere, perché così esigono le leggi della comicità, senza nulla togliere, però, alle caratteristiche del "genere". Che, anzi, vengono rispettosamente - e affettuosamente - tutelate nell'invenzione narrativa. E non si creda che Carletto butti tutto in risata, ammiccando al lettore-complice: chi legge deve saper stare al gioco. Dunque, si prepari a fior di trame e a un linguaggio all'altezza della tradizione yankee: un parlato ruvido e diretto, dalla potente espressività. Consideriamo, ad esempio, il mirabile "incipit" di «Ti svito le tonsille, piccola!» (Rizzoli, 1961): «Età, più di settanta certamente. Facciamo settantadue, settantatré, va bene? Anni, naturalmente. Altezza, non più di un metro e mezzo, di sicuro. Peso, non lo so. Credo niente. Credo proprio che il peso l'abbia lasciato a casa o che le sia scivolato fuori da qualche piega. Per me, quella, avrebbe potuto entrare anche senza aprire la porta, comunque entra e viene avanti galleggiando fino alla poltrona verde che sta davanti alla mia scrivania e intanto io tengo il fiato perché mi pare si possa rompere da un momento all'altro. Lei, dico, non la mia poltrona verde, accidenti, tanto mi sembra fragile e leggera e messa insieme con miracoli d'equilibrio, come si mette insieme un castello con le carte da gioco, tanto per cercare di spiegarvi la mia impressione. Siede, apre una grande borsa, ne toglie un'àncora legata a una catena e lascia scorrere la catena fin quando l'àncora tocca terra. Meno male. Si è ormeggiata alla mia poltrona, così posso smetterla di tenere il fiato. Mi rilasso». Anche i lettori sono rilassati da questa prosa asciutta ma suggestiva: quel che ci vuole per un bel "giallo". Con Chico e Greg impegnati nella risoluzione di un arduo mistero: chi ha avvelenato Sebastiano,l'amatissimo cane della Vecchietta Tascabile? Vi diciamo subito che lì per lì la faccenda di indagare sulla morte di un cane non è che convinca tanto Chico Pipa: ma quando si accorge che Greg, per canina solidarietà, "vuol prendere in mano lui il caso", è costretto a cedere. Del resto, osserva Chico, se Greg gli dà una mano nelle indagini quando si tratta di morti ammazzati "umani", è giusto che lui faccia altrettanto ora che si tratta di far luce sul povero Sebastiano. Manzoni ci tiene,alla logica.

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