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Avrà luogo stasera la cerimonia di consegna dei Premi «Grinzane Cavour», nell'omonimo castello piemontese.

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M. Coetzee (Sezione internazionale) di MARINA L. FERRERO CON IL libro «Lo strappo nell'anima» Elena Loewenthal è stata premiata come Autore Esordiente 2003 al Premio Grinzane Cavour. Scrittrice, traduttrice e giornalista; nel 1999 il ministero per i Beni e le Attività Culturali le assegna un premio speciale per la sua attività di traduzione e di pubblicistica sui temi della giudaistica. Lavora da anni con le parole, come lei stessa afferma, e con esse ama misurarsi. Racconta con tono pacato e dolce del suo ultimo lavoro, «Lo strappo nell'anima», un libro, voluto dalla casualità, da quella inspiegabile concatenazione di eventi che solo un artista sa riconoscere «Non saprei dire quando ho avuto la percezione esatta di aver scritto un romanzo che avrebbe ottenuto questo riscontro. E' una sensazione che non si ha mai. E' una storia vera, la cui genesi è iniziata con un incontro casuale nell'aeroporto di Roma». La casualità di un incontro fra due donne che per puro caso sono sedute fianco a fianco, nella sala d'attesa, Elena Loewenthal in compagnia della madre, e la sconosciuta, con in mano uno dei libri tradotti della scrittrice. «Scambiamo due parole e poi ci salutiamo. Entrambe eravamo dirette in Israele, ma in destinazioni diverse. Il caso ci fece ritrovare, due giorni dopo, nello stesso albergo a Gerusalemme. Decidemmo di cenare insieme e scegliemmo di andare in un ristorante arabo. Fu l'occasione per conoscerci e scoprire le nostre affinità». Ascoltando le parole di Elena Loewenthal si ha la sensazione che questo incontro fosse stato stabilito dal destino, come la stessa autrice afferma «Lei aveva deciso di raccontarsi ed inspiegabilmente dovevo essere io a farlo. Quando lei, che è poi diventata Stefania, la protagonista del romanzo, iniziò a raccontarmi la sua vita, mi sono accorta che questa storia era anche mia». È la storia di un'identità negata, che prende l'avvio nel 1938, poco prima dell'entrata in vigore delle leggi razziali, quando il padre della protagonista, un medico ebreo-ungherese, viene informato da un gerarca, suo paziente, di una lista in cui appare il suo nome. Il medico, di notte, entra in questo ufficio e con la scolorina cancella il suo nome, quello della moglie e della la sorella della protagonista. Stefania non è ancora nata. Dopo l'orrore della guerra, ed aver assistito alla deportazione di parenti ed amici, la famiglia riprende una vita sempre più agiata, ma con un vuoto, senza la propria identità, cancellata da quella pennellata di scolorina. Un romanzo intenso, che mette a nudo l'anima ferita di una donna, con tutte le conseguenze di questo suo dolore, che si trasmettono, poi, nel figlio. Elena Loewenthal, vincere il premio come autrice esordiente, com'è? «Non me l'aspettavo. È stata una magnifica sorpresa. Io ho raccolto questa storia e mi sono accorta che era anche mia; dico anche mia perché ho messo in bocca a Stefania, pensieri e parole miei. L'ho scritto e riscritto tre volte ed alla fine, quando Stefania lo ha letto, mi hanno commossa le sue parole "Sei riuscita a far emergere cose che avevo dentro e non riuscivo a tirare fuori"».

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