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Coronavirus, Bankitalia replica a Il Tempo: da casa lavoriamo benissimo. Bechis: allora restateci

Silvia Sfregola
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Caro Bechis, dispiace sinceramente imbattersi in articoli come quello pubblicato su Il Tempo con il titolo «In Bankitalia se la fanno sotto. I dipendenti si rifiutano di tornare in ufficio». I toni e i contenuti dell'articolo sono completamente fuorvianti. Non meriterebbero forse nemmeno una replica, ma a beneficio dei lettori e dei colleghi ci tengo comunque a far presenti alcune cose, con queste poche righe che la prego di voler pubblicare integralmente. Per approfondire leggi anche: In Bankitalia se la fanno sotto Fin dall'inizio dell'emergenza la Banca d'Italia ha continuato a garantire i propri servizi alla collettività. Tutte le Filiali sono aperte (solo quattro sono state chiuse temporaneamente per motivi sanitari); non abbiamo mai smesso di assicurare la provvista delle banconote e il funzionamento del sistema elettronico dei pagamenti, delle cui infrastrutture siamo responsabili non solo per l'Italia ma anche per l'intera area dell'euro; abbiamo mantenuto costantemente attiva la vigilanza su banche e intermediari finanziari; abbiamo continuato e continueremo a operare sui mercati per garantire la massima efficacia delle misure di politica monetaria, alla cui definizione e attuazione contribuiamo quotidianamente. Per far fronte all'eccezionalità della crisi, abbiamo inoltre messo più che mai a disposizione delle altre autorità italiane ed europee la nostra capacità di analisi, partecipando alla definizione degli interventi e promuovendone attivamente l'attuazione. Non abbiamo mai smesso, infine, di tutelare i clienti di servizi bancari e finanziari, da ultimo con la creazione di un numero verde utilizzabile in caso di difficoltà con l'accesso alle moratorie su mutui e prestiti per imprese e famiglie. Giudichino i lettori se questo è, come si legge nel suo articolo, «essere paralizzati». Nel fare tutto questo – né più, né meno che il nostro dovere al servizio della collettività – ci siamo attenuti scrupolosamente alle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attivando tutte le nostre risorse professionali e tecnologiche per conseguire un equilibrio tra il pieno svolgimento delle nostre funzioni e la massima tutela della salute del personale. La paura di cui lei scrive la conosciamo, certo: anche noi, come tutto il Paese, abbiamo dovuto fare i conti con il rischio del contagio, con l'ansia della malattia, con il dolore inaccettabile della morte. Proprio per questo continueremo a lavorare rispettando le regole e cercando di ridurre al massimo i rischi per i colleghi e, di conseguenza, per la collettività. I 100 euro che Lei menziona rappresentano un rimborso una tantum per il telelavoro, un indennizzo forfettario per le spese per dispositivi e connessioni sostenute dai colleghi lavorando da casa propria. Al di là delle facili ironie, quella in cui siamo impegnati è una transizione complessa e senza precedenti. Non sarà facile e stiamo lavorando intensamente per affrontarla al meglio. Lo facciamo però con la consapevolezza che per i dipendenti della Banca, come per tante famiglie, imprese e istituzioni in tutto il mondo, non è una ripartenza: continuiamo a lavorare. Un saluto cordiale e buon lavoro, Paola Ansuini (responsabile comunicazione della Banca d'Italia) --------------------------------------------------------------------------- Cara Paola, pensavo sinceramente che lei fosse portavoce della Banca d'Italia, e non di qualcuna delle sigle sindacali dei dipendenti e dei dirigenti che -citate nell'articolo- erano oggetto di rilievi critici. Ma rispondo volentieri anche al portavoce dei sindacati. Avendolo letto, io credo che la Banca di Italia abbia presentato ai propri dipendenti un protocollo di ritorno progressivo al lavoro in ufficio in linea con quello che hanno fatto tutte le aziende italiane, e non a caso si muoveva sulla falsariga della intesa fra Confindustria e sindacati. Con quelle regole sono oggi al lavoro milioni di italiani, non si capisce perché non possano esserlo dirigenti, funzionari e dipendenti della Banca di Italia che invece sostengono attraverso i sindacati di cui lei si fa portavoce di non potere nemmeno discutere se prima l'istituto non stabilirà la loro permanenza a casa almeno fino al prossimo 30 settembre. Ho ben presente che in via Nazionale tutti hanno un'opinione assai alta di sé e della propria missione (tanto è che lei mi scrive filiali con la F maiuscola), ma proprio per questo dovrebbero dare il buon esempio al resto del paese. In ogni azienda ci saranno lavoratori impauriti e che preferirebbero lavorare da casa, ma non possono. Che gli diciamo, che in una delle principali istituzioni del Paese quel rischio che loro debbono correre ora per mesi non lo affronterà nessuno? E se come dice lei da casa, dove con quei 100 euro extra finalmente i dipendenti della banca centrale hanno potuto dotarsi di wifi (e io che ingenuamente pensavo fossero le élite del paese...), lavorano benissimo, difendono gli interessi italiani in Europa (ah sì, come?) e fanno funzionare tutto, allora mi appello questa volta al portavoce della Banca di Italia: lasciate tutti a casa per sempre, e mettete in vendita palazzo Koch e le filiali, incassando risorse utili e risparmiando davvero tanto in bollette. Ho dato una buona idea? Franco Bechis

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