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Chiuso il profilo Facebook di Silvia Romano: troppe minacce e insulti per la sua conversione

Silvia Romano

L'Ordine degli psicologi della Lombardia: "È stata vittima di un rapimento, serve il silenzio"

Dario Martini
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È stato chiuso Il profilo Facebook di Silvia Romano dopo gli attacchi social ricevuti soprattutto a fronte della sua conversione. Il profilo della cooperante milanese, che ora si chiama Aisha, liberata lo scorso 9 maggio dopo 18 mesi di prigionia, di fatto da alcune ore non è più visibile. La Romano in pochi giorni era diventata bersaglio degli attacchi degli haters soprattutto per la sua conversione all'Islam e le illazioni su una sua presunta gravidanza, peraltro già smentita da lei stessa. A far discutere molto, soprattutto i politici, è stato invece il fatto che per la sua liberazione sia stato pagato un riscatto, come d'altronde era avvenuto anche per gli altri italiani sequestrati all'estero negli anni scorsi. Sui social molte persone hanno detto apertamente che la ragazza non sarebbe dovuta proprio essere liberata dal momento che si era convertita all'Islam, come se questo fatto, peraltro avvenuto durante la prigionia, fosse legato alla sua libertà. "Gli attacchi di questi giorni" contro Silvia Romano "rappresentano un pericolo grave per il suo benessere e la concreta possibilità di contribuire a un ulteriore trauma sul trauma", spiega l'Ordine degli psicologi della Lombardia che chiede così silenzio sulla giovane cooperant. Per dirla con un proverbio, "un bel tacer non fu mai scritto", ammoniscono gli esperti esprimendo "sostegno e solidarietà a Silvia e alla sua famiglia".  "Silvia è la vittima di un rapimento, un evento traumatico estremo. La nostra comunità professionale sottolinea l'importanza di rispettare, anche con un opportuno silenzio, il momento che Silvia sta attraversando", sottolinea l'Ordine lombardo. "Inoltre - precisa - il sapere scientifico psicologico dimostra in modo incontrovertibile che nessuna diagnosi può essere fatta per interposta persona o sulla base di immagini o di riferiti. La valutazione clinica è un lavoro delicato che richiede un contatto diretto e degli strumenti professionali. Questo processo non può essere lasciato nelle mani di chi sostiene la strumentalizzazione mediatica, di comunicatori imprudenti o di persone mosse da sentimenti primitivi e nessuna competenza in materia".

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